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Le dimissioni di Minoli e lo spoil system

To the victor belong the spoils, il bottino va al vincitore. Questa frase, pronunciata da un senatore americano ad inizio Ottocento viene considerata come la prima rivendicazione della pratica politica dello spoil system, con cui “le forze al governo distribuiscono a propri affiliati e simpatizzanti cariche istituzionali, la titolarità di uffici pubblici e posizioni di potere”, come spiega Wikipedia. Si tratta cioè di un meccanismo per cui i grandi dirigenti, dopo la vittoria alle elezioni, vengono rimossi e sostituiti con altri del proprio schieramento: una prassi spartitoria che in paesi come gli Stati Uniti è fatta alla luce del sole, mentre da noi è mascherata con la solita italica capacità di nascondersi dietro un dito. Gli effetti deleteri li vediamo ovunque, anche perché, contrariamente a quanto capita in altri paesi per bene, gli italiani non affidano le cariche a raccomandati bensì ad irracomandabili (qui da noi il merit system è un concetto inarrivabile).
Fa specie così vedere – in un paese in cui le dimissioni si minacciano ma non si danno – che ci sono persone come Giovanni Minoli che preventivamente lasciano l’incarico (la presidenza di Rivoli), intuendo come i nuovi amministratori non li metteranno in condizione di lavorare. Era già capitato con il veltronissimo Danilo Eccher al Macro, che però in qual caso stava puntando diretto su Torino e Trento.
E comunque ad entrambi, per un volta in Italia, chapeau.