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La parolaccia non è più un piacere

Ho sempre avuto un buon rapporto con la parolaccia e l’uso di un linguaggio non ortodosso, mentre ho molto meno confidenza con l’insulto, che penso di aver praticato nascostamente solo nei confronti dei troppi insegnanti incapaci ed insensibili che ho avuto nella mia vita di modesto studente.
La parolaccia infatti, se detta raramente ed in un contesto in cui ci si aspetta un approccio formale o serio, può avere un grande effetto espressivo, talvolta deflagrante, se riesce ad attirare l’attenzione di chi legge o ascolta (da Dante in avanti). Ugualmente dicasi per la volgarità linguistica, la quale – per essere efficace – deve essere invece sostenuta da un pensiero raffinato ed inattaccabile.
La volgarità di pensiero è invece la forma più bassa di comunicazione, come ci insegna lo stile politico del nostro Primo Ministro. E’ davvero la classica merda fuori posto che, benché ci si affanni a nascondere a posteriori sotto il tappeto, continua a puzzare e infastidire il naso. La volgarità di pensiero infatti sfocia quasi istantaneamente nell’insulto (“quelli che votano sinistra sono coglioni” oppure “i magistrati sono un cancro”), che è tra i più bassi atti comunicativi. Cosa diversa è invece l’insulto scherzoso, che, soprattutto tra amici, può essere invece una delizia tra raffinati linguisti.
Mi dispiace così che l’uso stupido ed inaccorto di volgarità linguistiche sia stato sdoganato per diventare l’abitudine comunicativa di una classe politica e dei mediocri personaggi della televisione, i quali ahimè hanno abusato di tale strumento espressivo per sostenere il loro vuoto di idee, la loro inaudita volgarità intellettuale. Tra i molti piaceri, Berlusconi ed i suoi sodali, mi hanno tolto anche quello della parolaccia. Cazzo.

Morbin, Berlusconi e il fascismo che c’è in Me

Mesi fa ho assistito ad una performance di Giovanni Morbin in cui l’artista vicentino gira su se stesso seduto su di uno sgabello (opportunamente dotato di maniglie e di motore elettrico) mentre tenta di pronunciare la dichiarazione di guerra di Mussolini del 10 giugno 1940. Vestito di nero, con l’enfasi e la retorica del Duce, attacca con il celeberrimo “Combattenti di terra, di mare, e dell’aria!”. La velocità di rotazione lo mette però in difficoltà e quando Morbin cerca di mettersi in piedi, scendendo dallo sgabello, finisce per cadere a terra. A quel punto l’artista si risiede e ricomincia da capo con il discorso fino ad una nuova caduta. L’azione si ripete svariate volte, fino a quando egli riesce a correre verso una parete per tracciare con del gesso la “M” di Mussolini ed una piccola “e”. Me è appunto il titolo della performance, in cui l’artista in movimento evoca il bronzeo Profilo continuo (Testa di Mussolini) di Renato Bertelli, opera che è opportunamente presente nel luogo su di un piedistallo.
E’ un lavoro intenso e sinceramente politico, non tanto su quella che è l’eredità del Ventennio, ma su quelle cause antropologiche che lo hanno prodotto, e che certo non sono state estirpate fino alle radici da cinquant’anni di democrazia. Anzi, dalla fine degli Anni Settanta, i tuberi del fascismo sono stati sapientemente innaffiati senza dare nell’occhio, come dimostrano ormai senza pudore i politici per l’arroganza e la cialtroneria, le persone comuni per l’ignoranza e un po’ tutti per la volgarità.
Mi fa paura pensare che abitino nel mio corpo e attorno a me i germi del fascismo, delle braci mai sopite che parevano cenere. Benché critico e fieramente in opposizione a questo fetido ritorno, ad un fascismo nascosto ma dilagante, ho paura di tutti gli anni di feccia berlusconiana che ho succhiato inconsapevolmente sin dalla mia infanzia. E non so se la bellezza ci salverà.

Berlusconi e l’estetica del meretricio

Labbrone alla Duffy Duck. Occhi da Bambi. Zigomi da Barbie. Corpo manga superpettoruto alla Ruko Tatase. Sono donne da fumetto quelle che circondano il nostro Presidente del Consiglio (l’indomito homo erectus) e l’infinita schiera dei suoi lacchè, cicisbei e quaquaraquà. Donne dalle forme forzatamente televisive, tronfie ed ampollose di plastica, gonfie innaturalmente che al confronto Orlan è una dilettante di primo pelo.
L’immaginario erotico suo e dei suoi amici è davvero a buon mercato. O meglio da ipermercato di periferia dove tutto è standard e colorato, noiosamente dello stesso sapore, da consumatori fast & furious senza idee né attenzioni. Mai una donna non perfetta, mai una rotondetta, mai una donna con le gambe storte, i seni asciutti o qualche pelo inguinale sfuggito all’estetista. Mai una che non si faccia fare quello che vuole il capo. Modello fammituttobastachepaghi: Belladonna regina del porno docet. Sono cioè prostitute vitaminizzate e gommose fatte con lo stampo, che possono solo piacere a uomini di poco conto e poca fantasia. A vecchioni autoproclamatosi dèi per eccesso di viagra.
E’ un estetica del puttanaggio da lusso che vale da tre soldi, in cui maschi vomitevoli cercano orifizi circondati di chirurgia e carne solo per un autoaffermativo e compulsivo spingispingi, senza alcuna relazione umana che non sia quella dell’ejaculo ergo sum. E le donne (donne?) sono ridotte ad essere schiave di estetiste, parrucchiere, chirurghi, riviste glamourose, soldi, mondo del fashion e tutto quello che semplicemente fa il vomito.
Ridateci Via del Campo.

La bestemmia di Berlusconi

Sono stato berlusconiano per qualche secondo, lo confesso.
La barzelletta su Rosy Bindi che il nostro Presidente del Consiglio ha raccontato ai militari – e che a dir il vero avevo già sentito – era molto simpatica, anche se doppiamente inopportuna. Inopportuna perché in situazioni pubbliche è veramente rozzo prendere in giro gli avversari per motivi personali, come ad esempio la loro avvenenza o la loro situazione famigliare: vi immaginereste Di Pietro che apostrofa Berlusconi come “impotente” per i suoi noti problemi di prostata o per le quantità da cavallo di Viagra che gira a Palazzo Grazioli? Inopportuna perché non sempre si deve fare la figura dei simpatici sputtanando colleghi che portano i tacchi.
Ma la bestemmia ci sta tutta. E permettetemelo! Ma che razza di paese siamo se tutti fanno i moralisti per una bestemmia mentre va bene se non si paga le tasse o si corrompono i giudici o si costruisce abusivamente, basta pentirsi, fare l’elemosina e dire tre avemarie e due padrenostri?
Solo per quell'”orcodio”, e non per tutto il resto, ho avuto il primo momento di simpatia verso Berlusconi da oltre 20 anni. Per il resto, mi è già tornato il solito antipatico sbruffone che meriterebbe di stare a San Vittore.

Le tette della Berlusconi e le gallerie d’arte

Il settimanale gossiparo Chi ha dedicato 25 pagine alla famiglia Berlusconi (a quanto scopre da Repubblica). Un fatto davvero importante, più che altro per capire il livello – infimo – del giornalismo del nostro Paese.
E’ così che ho appreso che Marina Berlusconi ha delle tette meravigliose, “che ricordano quelle di Galatea, la più bella fra le Nereidi, dalla pelle bianco latte”. La citazione è dell’archeologo Aristide Malnati (nomen omen).
L’articolo sul settimanale Mondadori – che immagino passerà alla storia per essere il primo al mondo che pubblica le tette del proprio editore – passa poi in disanima gli altri membri della famiglia (non quello però tutto viagra del vecchiardo capobranco). Tra le amenità è raccontato come a Portofino Piersilvio e la sua compagna Silvia Toffanin, dopo una passeggiata per il centro, abbiano fatto “una sosta nella boutique specializzata in cachemire” ma sopratutto una visita alla “galleria d’arte che vende anche gioielli”.
Cosa abbiano preso non lo sapremo mai. Si spera almeno un bracialettino da mare, considerato il livello di proposta delle gallerie del luogo, da epistassi (leggi sangue di naso). E poi qualche quadretto lo poteva rimediare pure la sorella Barbara, socia di Cardi Black Box, no? Questo però Chi, troppo impegnato a spargere lustrini, non poteva saperlo.

Dalla P2 alla P3

“Stando alle sentenze dei tribunali della Repubblica, essere piduista non è un titolo di demerito. […] Ho letto dopo, di questi progetti. Una montatura. La P2 è stata uno scoop che ha fatto la fortuna di Repubblica e dell’Espresso: è stata una strumentalizzazione che purtroppo ha distrutto molti protagonisti della vita politica, culturale e giornalistica del nostro Paese”.
06.03.2000, dichiarazione a Telelombardia 

“Non state a leggere i titoli dei giornali, stamattina hanno parlato di P3 ma sono quattro pensionati sfigati che si sarebbero messi insieme per cambiare l’Italia. Ma se non ci riesco io…”.
12.07.2010, intervento per i trent’anni della rivista Capital.

Sono due dichiarazioni del Caimano. Fortunatamente ho smesso da molto ormai di provare vergogna dei nostri politici.

Italiani brava gente

“La libertà dei cittadini è del tutto impossibile per la semplice ragione che le persone [in Italia] che hanno i necessari requisiti morali e intellettuali sono poche”. Ditemi che non è vero?
Questo è quello che scrive Maurizio Viroli in La libertà dei servi, uscito per Laterza. Ne parla Andrea Romano sulllo scorso Domenicale (trovate il pezzo qui), e, come spesso fanno gli intellettuali, sottostima la portata di Berlusconi spiegando che il Nano malefico ha realizzato ben poco del proprio progetto politico poiché “l’impressione che si ricava in prospettiva storica, guardando ai quindicennio del potere berlusconiano, è che il Cavaliere sia riuscito a far ben poco di quello che aveva in mente. Sia che nella testa del Cavaliere versione 1994 vi fosse un programma orgogliosamente liberale e liberista sia che si trattasse invece di un piano teso a conculcare le nostre libertà civili, il berlusconismo si avvia ad essere ricordato soprattutto come una lunga parentesi di declino nazionale sulla quale molto più dell’onnipotenza ha pesato l’impotenza della politica”.
Al contrario di Romano penso che invece politicamente qualcosa sia cambiato, più sul piano delle consuetudini, delle prassi. Una per tutti il continuo stillicidio di leggi ad personam. Se fino alla Prima Republica prima infatti si corrompevano i giudici per non essere indagati, ora si lavora sulle leggi per farla franca e togliere le ipotesi di reato.
E poi, soprattuto, il degrado morale. Per lo più ostentato. Mi sento in mezzo a gente onesta che, se potesse, delinquerebbe esattamente come fa la casta. La cultura dell’onestà di matrice cattolica e marxista è stata completamente rasa al suolo. Ora, quel che resta della classe più povera sogna di fottere tutti come chi sta ai vertici.

Berlusca si compra il Caravaggio Odescalchi? Per fortuna no

Dopo le anticipazioni di stamattina del Fatto quotidiano e del Messaggero una certa apprensione ed una certa dose di amara incazzatura mi era venuta: secondo la gola profonda cui avevano avuto accesso i due giornali il Cavalier Banana aveva iniziato una trattativa privata con la famiglia Odescalchi per l’acquisto della Conversione di Saulo, uno dei più bei Caravaggio di sempre. Poi nel pomeriggio ci ha pensato la Presidenza del Consiglio a smentire il tutto, facendomi tirare un respiro di sollievo.
Dal punto di vista legale un bene artistico può essere venduto, anche se, in casi come questi, lo Stato può avvalersi del diritto di prelazione. Il che, considerato le scarse sensibilità e le tasche poverissime dei ministeri poteva creare più di qualche imbarazzo.
Ma quello che avrei difficilmente sopportato è che il quadro se lo fosse tenuto in casa sua il Nanetto. Questo sì mi avrebbe dato fastidio. Me lo immagino già vantarsene, di notte pieno di viagra, di fronte l’ennesima aitante pulzella grandefratellina. Caro Silvio, eventualmente prenda Pomodoro, che fa sempre la sua bella figura e ci si può pure specchiare, lei che è così bello, nel giallo oro. Ok?