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Sgarbi presenta la Biennale dei Mille

Diamo atto a Sgarbi che dopo tante baggianate e comparsate televisive qualcosa di buono riesce a dirlo sulla sua prossima Biennale affidategli dal ministro-poeta Sandro Bondi.
“Io voglio riattivare quel rapporto tra intellettuali e arte che si è interrotto ai tempi di Moravia, Pasolini o Sciascia”, dichiara infatti lo storico dell’arte ferrarese. Cosa di cui abbiamo gran bisogno dato che il contemporaneo è spesso esiliato in una nicchia scomoda e asettica. “Il mio compito sarà indicare il punto di vista delle 200 persone dotate di miglior pensiero in Italia e all’estero. In Italia soprattutto, esistono stimabili intellettuali, come Arbasino, Ceronetti, Eco, Colombo o Scalfari, che si pronunciano o si sono pronunciati su varie discipline, dal cinema al teatro alla letteratura ma non sulle arti visive”. Uomini di grande cultura, ma anche età avanzatissima e tutti con una formazione letteraria (perché ad esempio non scegliere pure musicisti, scienziati o di economisti?), che non è detto che abbiano qualcosa da dire, ma il gioco potrebbe valere la candela se vogliamo togliere l’arte dagli eccessi autoreferenziali degli addetti ai lavori. Insomma, non ci resta che vedere se sarà una mostra tutta chiacchiere e distintivo oppure qualcosa di diverso.
Di certo Sgarbi vuole “spossessarsi della dimensione curatoriale”.
Fa ridere però l’idea di affiancare al padiglione lagunare una selezione di mille artisti su base regionale da esporre diffusamente in Italia: evidentemente l’arte, nell’idea di Sgarbi, è come il vino, l’olio e i formaggi e le tradizioni locali. E poi dove si trovano mille artisti bravi?
Ho come l’impressione che un po’ piangeremo e un po’ rideremo…

Pasolini è morto come Caravaggio

Anche se trovo letteralmente fuori del tempo il suo antimodernismo cattolico, sono tra quelli che considerano Pasolini uno dei più lucidi intellettuali del Novecento. Figura di rilievo – sempre comunque scomoda – come testimonia anche la sua morte.
Non so se il feroce omicidio di PPP (trovate le foto qui) sia maturato in quello che comunemente si indica come “ambiente omosessuale”, o piuttosto se invece vi siano dietro motivazioni politiche (cioè Pasolini punito da un gruppo di fascisti che volevano fargli pagare caro la sua omosessualità); o il fatto forse che stesse scrivendo un libro contro i poteri forti, come parrebbe di capire se fosse vera l’ipotesi che il suo romanzo incompiuto, Petrolio, contenesse delle rivelazioni compromettenti (a quanto riferiscono le ultime indiscrezioni e la nuova deposizione del reo confesso Pelosi).
Fatto sta che la sua è una morte difficile, in cui il rasoio di Ockam forse non taglia come dovrebbe. E poi è una morte contesa, come testimonia un toccante ma duro articolo di qualche anno fa dell’amico Ferdinando Camon, che invitava a “non mondare Pasolini dalla morte per omosessualità e consegnarlo alla storia come morto per antifascismo”. Forse più di tutti ha ragione Federico Zeri, spiegando che Pasolini è morto come Caravaggio, dato che “in tutt’e due mi sembra che la loro fine sia stata inventata, sceneggiata, diretta e interpretata da loro stessi”.