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Gli ennesimi Sgarbi

Come sempre a fare una figura di culo noi italiani ci mettiamo tutto il nostro impegno, tanto più nelle situazioni importanti. E così la soap Sgarbi & il Padiglione Italia ha ormai non solo abbondantemente sorpassato il numero di puntate delle telenovelas sudamericane, ma soprattutto ha frantumato gli zebedei di qualsiasi persona di buon senso che lavori nel sistema dell’arte o nel settore della cultura.
Il ricatto dello storico ferrarese verso il Ministro della Cultura attuale – che pare al momento meno servizievole dello slave Sandro Bondi – ma sopratutto verso tutti noi, “o mi fate diventare soprintendente o mi dimetto da responsabile del Padiglione Italia” è intollerabile in un paese civile, in cui le regole valgono per tutti, anche i prepotenti e gli sbruffoni. Evidentemente però il nostro paese civile non è. E d’altronde in quale altra nazione avrebbe potuto essere credibile come curatore di arte contemporanea un narciso incazzoso che fa i giochini di potere e ricatta i politici?
Allo stato attuale pare di capire che le dimissioni siano state solo minacciate – pratica frequentissima da noi, solo per fare un polverone e guadagnare visibilità – per poi non essere formalizzate nelle sedi competenti. Di certo, qualunque sia l’esito, Sgarbi può solo vergognarsi per la figura che ha fatto. E, mentre il mondo si prepara al meglio per la mostra con più visibilità al mondo, si vergognino anche coloro che sono ancora disposti a sostenerlo, nonostante tutto.
Poveri noi.

Casino Biennale


Casino. Approssimazione. Ma anche disorganizzazione. Non ci sono altri modi per raccontare la situazione per le sezioni del Padiglione Italia che avranno base regionale. Sono stato contattato ormai da una decina di artisti veneti che non sanno cosa fare e nemmeno cosa faranno, poiché ad un mese e mezzo dalla mostra – ricordiamolo: è pur sempre la Biennale di Venezia e non la Sagra del Gnocco – non hanno alcuna informazione in merito.
Che opere devo portare? quanto spazio ho? Che catalogo ci sarà? Chi seguirà la mostra e gli allestimenti? Zero, niente informazioni. L’unica sicurezza è l’ambientazione a Villa Contarini a Piazzola sul Brenta, mentre pare che il catalogo sarà diviso in tre tomi (nord, centro e sud Italia).
Penso che in questa bolgia pensata da Sgarbi convenga disertare, non tanto come gesto politico, ma perché l’arte è un lavoro serio, non un mestiere da cazzari. E poi, a cosa serve avere una riga in più per la Biennale più incasinata del mondo dove non si capisce nemmeno quale sia il progetto? In confronto – per il momento dal punto di vista organizzativo, poi per la qualità si vedrà – quella di Beatrice&Buscaroli era da oscar.

Le prime uscite sulla Sgarbi-Biennale

Devo ammettere che le uscite di Vittorio Sgarbi sulla Biennale mi hanno stupito piacevolmente. Affidare il padiglione italiano ad insigni uomini di cultura vuol dire assumersi i rischi di mettere in mostra quanto l’arte contemporanea sia o non sia parte del sistema culturale del nostro paese. “Sono sicuro che ne uscirebbe un quadro più interessante di quanto possano dare i soliti critici, esponenti del commercio e del collezionismo di mestiere, tendenzialmente isolati dal tessuto più vivo della società italiana”, dice Sgarbi. E ha perfettamente ragione.
Perché – questo dobbiamo dircelo chiaramente – qui da noi il contemporaneo è comunque espressione di una piccola élite, o, meglio si farebbe dire, di una (mafiosa?) setta di adepti. Non ci sono confronti con gli altri paesi industrializzati, in cui produzione e idee sono sistematiche e si relazionano col complesso di attività culturali sviluppate.
Vogliamo mostrare quanto conta sul sistema-paese il lavoro fatto dal carozzone del contemporaneo? Forse molti di noi smetteranno di fare gli alteri, scoprendo non solo di essere nudi, ma di non essere nemmeno dei re.