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Quirino Principe e la difesa della cultura

In occasione del festival Comodamente ho avuto il piacere di conoscere e scambiare qualche parola con Quirino Principe, che conoscevo come un dei maggiori critici musicali italiani, solo da lettore, per il suo meraviglioso libro su Mahler e per gli articoli sul Domenicale del Sole.
A margine di un dibattito sulla musica (in cui ha spiegato che la polarità classica/leggera con cui siamo soliti classificare i brani va invece ricondotta a musica forte/debole, in base alla consistenza del pensiero che le ha prodotte), abbiamo discusso dello stato della cultura in Italia – davvero disarmante – e della necessità di porre un argine a quella che potremmo chiamare senza remore cultura bassa. La cultura bassa non è altro che chiacchiere e marketing serviti in maniera furba e al passo coi tempi per sembrare cultura. Si tratta cioè di una psuedocultura da intrattenimento costante, se non proprio di una controcultura pensata per distrarre le persone dalle attività di pensiero, visto il posto smisurato che occupa nel nostro paese (la “p” è minuscola per scelta).
I responsabili? La P2, la Chiesa, i politici di ogni parte e gli intellettuali minchioni della sinistra che non hanno quasi mai combattuto per fare della cultura un fatto popolare. Sono rimasto letteralmente impressionato dalla coincidenza della diagnosi di Principe con la mia, ma anche dal guizzo luciferino con cui mi ha consigliato di “spargere veleno” nei miei pensieri, nelle mie riflessioni, nelle mie parole. La battaglia, forse, non è ancora persa del tutto.

Dalla P2 alla P3

“Stando alle sentenze dei tribunali della Repubblica, essere piduista non è un titolo di demerito. […] Ho letto dopo, di questi progetti. Una montatura. La P2 è stata uno scoop che ha fatto la fortuna di Repubblica e dell’Espresso: è stata una strumentalizzazione che purtroppo ha distrutto molti protagonisti della vita politica, culturale e giornalistica del nostro Paese”.
06.03.2000, dichiarazione a Telelombardia 

“Non state a leggere i titoli dei giornali, stamattina hanno parlato di P3 ma sono quattro pensionati sfigati che si sarebbero messi insieme per cambiare l’Italia. Ma se non ci riesco io…”.
12.07.2010, intervento per i trent’anni della rivista Capital.

Sono due dichiarazioni del Caimano. Fortunatamente ho smesso da molto ormai di provare vergogna dei nostri politici.