Tag: mart

Invito lento

Tutte le volte che mi arriva una lettera o un invito cartaceo mi viene da pensare inevitabilmente alla lentezza. Forse è un po’ colpa dei servizi postali del nostro paese, considerato che ad esempio un invito per la Biennale spedito da Verona a fine maggio mi è stato consegnato la scorsa settimana (40 giorni per fare i 120 km Verona-Conegliano; media 3 km al giorno), come pure quello dell’inaugurazione dell’ultima mostra del Mart, per il quale non sono bastate due settimane per essere a casa mia.
Ma forse l’invito non viene spedito per essere puntuale o per informare (dato che in fondo tutti usano l’email), quanto piuttosto per dare un segnale concreto di esistenza. Dietro la lentezza c’è quindi forse la necessità di voler essere, di dimostrare un concreto substrato fisico e reale, che il mezzo elettronico non possiede. E forse in ricevere qualcosa di fisico c’è il fascino antico della parola scritta che diventa oggetto, epifania. Celebrazione però destinata ad essere uno degli ultimi lembi di Novecento insinuati nel XXI secolo.

A San Valentino pomiciamo al Mart

“Dammi migliaia di baci, poi cento, poi ancora mille e ancora cento”. Scriveva questo Catullo, duemila anni fa, in una delle poesie dedicata alla sua amata, che rimane tra le più sensuali di tutta l’antichità. Un invito a scambiarsi effusioni, fino a perderne il conto. Un po’ quello che ha invitato a fare il Mart oggi (giornata di San Valentino che festeggia gli innamorati) consigliando ai colpiti da Cupido di fare un salto al museo.
Il Mart, proprio per l’occasione, è eccezionalmente aperto (il lunedì solitamente è giorno di chiusura) con un biglietto a basso prezzo pensato apposta per le coppie, regolari o irregolari non importa, mentre per i ménage à trois non viene specificato niente. Ma la cosa carina – anche ruffiana nel suo essere pomiciona se volete, ma pur sempre carina – è l’invito a fotografarsi mentre ci si bacia sotto la cupola di Mario Botta e successivamente inviare la foto al Mart. Le foto più belle (sarebbe curioso capire se in basi ai dettagli tecnici del bacio o all’aspetto estetico della foto, alla bellezza dei partner, ecc.) saranno pubblicate sul sito del museo e la miglior coppia riceverà in omaggio il catalogo della mostra di Modigliani.
Mi è sembrato un modo carino, ed esibizionista quanto è giusto al tempo dei social network, per entrare al museo. Anzi, quasi quasi vale la pena di suggerire al Mart di aprire un Flickr con le foto dei visitatori che si baciano davanti alle opere del museo (infischaindosene di diritti e tutto il resto). A divertirsi non ci sarebbero solo le scolaresche.

Bonami lo potevo fare anch’io. Forse meglio

Spero che siate stati alle presentazioni dell’ultimo inutilissimo libro di Francesco Bonami Si crede Picasso (vi consiglio francamente di risparmiare i 17 euri del libro). Ne ha fatte un paio in luoghi prestigiosi come Palazzo Grassi a Venezia e il Mart a Rovereto. Bene direte, ci sarà stato da divertirsi: da autentico toscanaccio avrà raccontato un sacco di storie e ne avrà dette di cotte e di crude, tanto più perché davanti a platee del mondo dell’arte e quindi sensibili.
Sbagliato. Una noia mortale: pensieri pochi e pure espressi male: semplicemente imbarazzante. E il libro? Vi ricordate il giudizio di Fantozzi sulla Corazzata Potemkin? Sì, proprio così: una cagata pazzesca. Eppure Bonami ha e ha avuto ruoli di prestigio ed il suo curriculum è assolutamente invidiabile. Spero per lui che nei prossimi anni si limiti a fare belle mostre, perché a parlare e formulare pensieri è un disastro, come sa bene chi l’ha visto contro il parolaio Sgarbi alla Sandretto. Tutto il resto è davvero noia e fuffa.
Che dire? Quanto meno con ABO ci saremmo divertiti a vedere un guitto sul palco.

I giornalisti stacanovisti (del buffet)

Lo ammetto. Sono tra quelli che, se il cibo ed il vino lo meritano, non si tira indietro dal buffet alle inaugurazioni. Ad esempio conservo ricordi di rinfreschi luculliani al Mart di qualche anno fa con tanto di risotto alle mele renette servito su forme incavate di Parmigiano (pardon, Grana Trentino), carne salada, e perfino grappa invecchiata servita con cioccolato fondente.
E poi ho fatto al buffet conoscenze con persone strepitose: non c’è di meglio che scambiare impressioni su una mostra con un bicchiere in mano, preferibilmente il quinto o il sesto, in modo di essere sciolti. Ricordo poi frotte di persone venire alle inaugurazioni di Villa Manin (quando c’era ancora Bonami) solo per approfittare del tocai e del frico. Che volete farci, noi italiani si magna.
Quelli che non sopporto sono invece i prevaricatori, quelli che non rispettano la fila per prendere prima di te una cucchiaiata di qualsiasi cosa edibile. C’è ad esempio un gruppo di giornalisti che viene da Milano e che trovo puntualmente a tutti i buffet delle mostre del norditalia. Sono degli stacanovisti del piatto. Hanno un’età tra i 50 ed i 70 ed una voracità da cavalletta con il verme solitario, ma soprattutto, hanno sempre una scusa per mangiare e passarti avanti. Mammamia, che spettacolo indegno. C’è da vergognarsi a fare i giornalisti.

ABO, le (di)missioni veneziane e la strategia per il palazzo…

Monique Veaute si è dimessa dalla direzione di Palazzo Grassi, spiegando come “si fosse compiuto un ciclo” e che quindi la missione per la quale era stata ingaggiata sia stata portata a termine. I dietrologi – sempre numerosi nel nostro paese – dicono invece che le dimissioni siano avvenute in maniera un po’ troppo sbrigativa, non tanto perché un corso si fosse concluso ma perché sostanzialmente non sia mai incominciato. I motivi? Pinault farebbe un po’ troppo da padrone…
E come suo stile, Bonito Oliva ci mette il carico, dicendo che il patron transalpino ha ridotto all’immobilismo Punta della Dogana, poiché il centro è stato affidato a “due servi di scena” come Gingeras e Bonami (il quale replica su Il Riformista, caustico ma un po’ troppo attento a pararsi il proprio didietro, quello del magnate francese, ma anche quello del sindaco Cacciari). “Se il comitato scientifico non avrà chiarimenti, io stesso mi dimetterò: del resto lì rappresento il Comune di Venezia, le cui linee guida sono completamente disattese dall’attuale gestione”.
Ottimo compromesso all’italiana. Dichiarazione forte (le dimissioni) ancorato a condizioni difficilmente verificabili per chi legge. Risultato che ancora non sapremo. Chissà, magari ABO vuole dimettersi per curare le mostre, per rubare la scena a quelli che lui definisce i servi del padrone?
ABO è un genio tattico, ed è imprevedibile. Lo vedremo. E se volesse dimettersi dal comitato scientifico per curare lui le mostre? Al Mart sembra sia successo proprio questo e che ne abbia beneficiato pure il suo conto corrente…