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MacroPasticcio


Evviva. La giunta comunale alemanna è riuscita nell’intento di far dimettere il direttore del Macro. Chiariamoci, non è certo solo responsabilità del sindaco, ma pure molti dei casini sono da imputarsi alla gentaglia (assessoretti, amichetti di partito, arrivisti della tornata elettorale, ma anche gente come Umberto Broccoli che si sente legibus solutus) dalla quale esso stesso si è fatto circondare.
Di certo Roma, dopo tanti anni di chiacchiere, ha goduto di un paio d’anni di grande fermento, dovuti al vulcanico direttore – e alle sue truppe – che non hanno esitato di proporre alla città un modello di museo sempre aperto, con continue inaugurazioni (molte delle quali grazie al contributo delle gallerie) e tanta gente che gira. Un luogo cioè ben lontano da quello che effettivamente è un museo di arte contemporanea nel nostro Paese (con la speranza che il nuovo direttore non rinunci a questo approccio).
Alla fine le dimissioni sono dovute alla mancanza di certezze economiche e modelli di governance per l’istituzione. Non si può lavorare in questo modo, e non sarebbe serio – deve aver pensato Barbero, a ragione, dato che maggio ancora non era chiaro il budget che il comune gli riservava. Non ci resta di sperare che qualcosa cambi nella capitale, che arrivi un nuovo direttore pronto ancora a dare la sveglia ai romani, ma anche a tirare per la giacchetta fondazioni, banche & co.