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Sgarbi presenta la Biennale dei Mille

Diamo atto a Sgarbi che dopo tante baggianate e comparsate televisive qualcosa di buono riesce a dirlo sulla sua prossima Biennale affidategli dal ministro-poeta Sandro Bondi.
“Io voglio riattivare quel rapporto tra intellettuali e arte che si è interrotto ai tempi di Moravia, Pasolini o Sciascia”, dichiara infatti lo storico dell’arte ferrarese. Cosa di cui abbiamo gran bisogno dato che il contemporaneo è spesso esiliato in una nicchia scomoda e asettica. “Il mio compito sarà indicare il punto di vista delle 200 persone dotate di miglior pensiero in Italia e all’estero. In Italia soprattutto, esistono stimabili intellettuali, come Arbasino, Ceronetti, Eco, Colombo o Scalfari, che si pronunciano o si sono pronunciati su varie discipline, dal cinema al teatro alla letteratura ma non sulle arti visive”. Uomini di grande cultura, ma anche età avanzatissima e tutti con una formazione letteraria (perché ad esempio non scegliere pure musicisti, scienziati o di economisti?), che non è detto che abbiano qualcosa da dire, ma il gioco potrebbe valere la candela se vogliamo togliere l’arte dagli eccessi autoreferenziali degli addetti ai lavori. Insomma, non ci resta che vedere se sarà una mostra tutta chiacchiere e distintivo oppure qualcosa di diverso.
Di certo Sgarbi vuole “spossessarsi della dimensione curatoriale”.
Fa ridere però l’idea di affiancare al padiglione lagunare una selezione di mille artisti su base regionale da esporre diffusamente in Italia: evidentemente l’arte, nell’idea di Sgarbi, è come il vino, l’olio e i formaggi e le tradizioni locali. E poi dove si trovano mille artisti bravi?
Ho come l’impressione che un po’ piangeremo e un po’ rideremo…

Quirino Principe e la difesa della cultura

In occasione del festival Comodamente ho avuto il piacere di conoscere e scambiare qualche parola con Quirino Principe, che conoscevo come un dei maggiori critici musicali italiani, solo da lettore, per il suo meraviglioso libro su Mahler e per gli articoli sul Domenicale del Sole.
A margine di un dibattito sulla musica (in cui ha spiegato che la polarità classica/leggera con cui siamo soliti classificare i brani va invece ricondotta a musica forte/debole, in base alla consistenza del pensiero che le ha prodotte), abbiamo discusso dello stato della cultura in Italia – davvero disarmante – e della necessità di porre un argine a quella che potremmo chiamare senza remore cultura bassa. La cultura bassa non è altro che chiacchiere e marketing serviti in maniera furba e al passo coi tempi per sembrare cultura. Si tratta cioè di una psuedocultura da intrattenimento costante, se non proprio di una controcultura pensata per distrarre le persone dalle attività di pensiero, visto il posto smisurato che occupa nel nostro paese (la “p” è minuscola per scelta).
I responsabili? La P2, la Chiesa, i politici di ogni parte e gli intellettuali minchioni della sinistra che non hanno quasi mai combattuto per fare della cultura un fatto popolare. Sono rimasto letteralmente impressionato dalla coincidenza della diagnosi di Principe con la mia, ma anche dal guizzo luciferino con cui mi ha consigliato di “spargere veleno” nei miei pensieri, nelle mie riflessioni, nelle mie parole. La battaglia, forse, non è ancora persa del tutto.

Fanculo curatori & co. Il padiglione italiano sarà fatto dagli intellettuali

Vi fareste mai otturare un dente dal carrozziere? Oppure chiamereste mai un giornalista per farvi sistemare la caldaia? Se non amate il rischio non lo fareste mai. E soprattutto difficilmente risolvereste il problema. Però potreste sempre chiamare un intellettuale.
È quello che farà lo Sgarbone nazionale per il nostro padiglione: il commissario Vittorio ha infatti spiegato, in un’intervista concessa al Piccolo di Trieste, che chiamerà intellettuali – come Claudio Magris, Alberto Arbasino, Umberto Eco, Paulo Coelho, Dominique Fernández – a scegliere gli artisti rappresentativi del nostro Paese. D’altronde i critici e i curatori lui li odia, poiché sono “dei narcisi pezzi di merda che pensano di averlo più lungo degli altri” (me lo ha dichiarato di persona il giorno dell’apertura del Maxxi).
Ha ragione. C’è gente che si fa il culo per quattro lire, che cerca di indagare nuovi linguaggi e crede nella sperimentazione: ma sono semplicemente “dei pezzi di merda”. Vuoi mettere le competenze in arte contemporanea di cinque – per l’amor del cielo eccelsi nella loro disciplina – vecchi, età media 75 anni? Degli autentici pezzi di Novecento?
Che vergogna. L’unico aspetto positivo è che la solita cricca mangerà un po’ meno.