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Sgarbi, la Pornostar e la Vecchia

Sì lo so, il titolo è fuorviante. Non stiamo parlando di film spingi-spingi per gerontofili incalliti, cosa che sarebbe tra l’altro ben più interessante e dignitosa (ve la immaginereste una produzione internescional Mr.Vittorio, a pornstar and the granny?).
Ci riferiamo invece ad un sopraintendente vulcanico nella sua caligoliana follia, che – alla ricerca della costante visibilità tanto quanto un eroinomane della polvere da iniettarsi – non trova di meglio da fare che invitare una pornostar alla vernice di una mostra (per fare “un tableau vivant”, come lui stesso ha spiegato). E che per di più si fa fotografare con lei ed il ritratto della vecchia del Giorgione, sproloquiando di come questo sia un buon modo per attirare persone a vedere l’esposizione (leggete qui). Cioè la gente verrebbe al museo per vedere la pettoruta boccadirosa piazzata a fianco uno dei capolavori dell’arte di tutti i tempi.
Chapeau, Vittorio. Sei proprio un genio. Quand’è che ti ispiri pure a Piero Manzoni e ci fai vedere una bella merda di soprintendente?

E Giorgione si mangia tutti i soldi dei giovani

Si sa che il ferro va battuto fino a quando è caldo, come recita il vecchio adagio. E d’altro canto la mostra di Giorgione è stato un successo a Castelfranco Veneto questa primavera, con code di visitatori interessati a vedere i suoi dipinti nel rinnovato museo della sua città. Nel frattempo si è messa in moto un po’ di economia, un po’ di flash sui politici che hanno cavalcato l’onda, e poi sicuramente qualcuno avrà raccolto un po’ di stimoli.

Appuna passato qualche mese che un anche Padova, la città che conserva due tavolette del Zorzon, avrà la sua mostra sul maestro veneto presso il Museo degli Eremitani. Il pretesto è una nuova interpretazione della celeberrima Tempesta, della quale si propone una lettura differente e nuova rispetto alla tradizione. Il che, a nostro avviso, considerato che sono passati solo quattro mesi dalla chiusura dell’esposizione precedente, ci pare assolutamente esagerato e fuori luogo. Fuori luogo perché la mostra è a meno di cinquanta chilometri di distanza dalla precedente, ed esagerato perché per una proposta scientifica di questo tipo sarebbe bastato un convegno.
Il costo opportunità di questa mostra è poi elevatissimo. Cosa si poteva fare con tutti quei quattrini – che proprio pochi non sono – per restaurare altre opere antiche o sostenere i giovani artisti emergenti? E invece no, siamo solo in grado di fare celebrazioni di morti celebri (il 2010 è il cinquecentenario della morte). Di costruire il futuro non c’è proprio voglia.

Giorgione? Vediamolo al centro commerciale!

È curioso e superpop il tributo che in questi giorni Castelfranco Veneto dedica al suo cittadino più illustre, il Giorgione. Dopo la mostra ospitata nella sua “casa natale” (così dicono i comunicati, ma in realtà l’unica cosa di cui siamo sicuri è che in quel palazzo ci sono dei fregi affrescati realizzati dal pittore e dalla sua bottega), letteralmente presa d’assalto dal pubblico, ora il centro commerciale “Giardini del sole” espone infatti delle copie delle opere del genius loci, come pomposamente dichiarato in paginate di pubblicità comprate nei giornali locali.
Così le persone distratte o che non hanno avuto la possibilità di andare alla mostra – basti pensare che ad un mese dalla chiusura erano stati venduti tutti i posti per vedere i suoi quadri – potranno infatti fare shopping e vedere qualche bel pezzo del Zorzon, di sicuro ben riprodotto. In fin dei conti cosa cambia?
E poi, se non siamo riusciti a sentire i Radiohead, cosa c’è di meglio di una cover band dal vivo la settimana successiva?

Umanità in coda

Nei giorni che hanno preceduta la Pasqua c’è stato il lancio del nuovo aggeggio elettronico della Apple per il quale i soliti pecoroni americani hanno fatto ore di coda. Si sa che il consumismo spinto di quel paese ha i suoi riti, ma fa proprio tristezza vedere i drogati di tecnologia in fila per una novità che qualcuno ha immaginato (e programmato a suon di dollari spesi in marketing) possa cambiare la vita.
Negli stessi giorni qui da noi altre persone facevano la fila per vedere Caravaggio o più modestamente il Cima, mentre era impossibile entrare a vedere il Giorgione senza prenotazione (come puntualmente racconta la collega Pepe). Anche qui pubblicità e modello imitativo hanno fatto un buon lavoro, dato che
all’improvviso la pittura antica è diventata cosa da figaccioni che tutti vogliono.
Ormai tra la cultura o l’iPad non fa più differenza. Producono entrambi un’umanità in fila indiana per spendere. Anche se, di questo si può essere certi, qualcuno in Italia cercherà di passare avanti.

Cosa nasconde la mania dell’anniversario

L’anniversario del Futurismo. Poi quello di Giorgione e Caravaggio. Settimana scorsa quello del Cima da Conegliano, l’anno prossimo l’Unità d’Italia. Anche Jacopo Bassano, uno dei prìncipi della pittura veneta, avrà il suo: tra il 2010 (si è appena inaugurata la sua prima mostra) ed il 2012, essendo la sua data di nascita incerta.
Le ragioni scientifiche delle mostre invece molto spesso non ci sono. Si vociferano capolavori inediti e prime esposizioni italiane, ma si scopre poi che è sempre la stessa sbobba riscaldata. L’occhio ci guadagna – non c’è che dire -, ma per una volta siamo seri e chiamiamolo intrattenimento. Più intelligente delle mille cazzate di Zelig, e, di sicuro, meno noioso dell’ennesimo reality. Il che, nel nostro contesto italiano, è già molto.

Quant’è bella leggerezza

Due kili e seicentocinquanta grammi. Questo il peso del poderoso catalogo a corredo della mostra Giorgione inaugurata settimana scorsa a Castelfranco. Oltre  cinquecento pagine e stampa di buon livello: è quello che comunemente si considera un bel tomo, uno di quelli che in libreria si fa notare, anche a distanza, per il dorso corpulento.
Eppure, nonostante il parterre di storici dell’arte invitati a scriverci (spero cose intelligenti), diventerà il milionesimo postmoderno monumento a Gutemberg, alla carta e al denaro sprecati.
Pensiamoci su: a chi giova stampare un volume simile? Gli addetti ai lavori lo useranno per i saggi, il che rende superfluo l’apparato iconografico; i comuni amanti dell’arte lo troveranno fuori misura e non proprio a portata di portafoglio.
Quindi soldi spesi per nulla. Per l’autostima degli studiosi che hanno preso parte al progetto, per i quali “più grande è, meglio è” (il catalogo). Per i politici che potranno vantare un mattone in più nella propria carriera politica. Per i giornalisti che avranno una preda ulteriore nel carniere che non avranno però mai il tempo di leggere. Per l’editore che qualche quattrino se lo fa di certo.
Che spreco, non era meglio fare un volumetto agile e poi un bel pdf da mettere in chiavetta a spese zero? Siamo un gruppo di romantici spreconi. Eppure la leggerezza dell’editoria digitale è proprio lì dietro l’angolo…