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Gli auguri di Napolitano e la meglio gioventù

Ho ascoltato in auto il discorso di fine anno del presidente Napolitano, nella modalità cioè migliore per concentrarsi sulle parole, sulla voce, senza perdersi nelle visioni della bandiera, del solito tavolo baroccone e della scenografia istituzionale d’occorrenza che si vede per televisione. Un discorso chiaro, con l’aplomb di un uomo delle istituzioni di una certa età, e non certo un giro di parole a vuoto.
Mi ha colpito il costante riferimento alla condizione giovanile, al fatto che la democrazia sia “in scacco” se non si danno ai giovani lavoro e possibilità di espressione. Ma ho apprezzato anche l’invito a continuare a credere in questo paese, cose che personalmente non riesco più fare, pur impegnandomi quotidianamente come se un miracolo fosse possibile.
Eppure questa è la condizione che condivido con milioni di persone, con la parte più sensibile – e forse la migliore – del paese. Uno stato di rassegnazione da “fai quello che devi, accada quello che può” che sta davvero stretta. Avremmo davvero bisogno di spaccare il mondo ed invece ci tocca fare i filosofi da tre soldi che si accontentano del compitino quotidiano. Presidente, ce la faremo?