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Speranze ad Artefiera

Si è chiusa oggi Artefiera, il primo appuntamento dell’anno delle gallerie italiane con il mercato. Come è normale in occasioni simili, ho incontrato molti galleristi abbastanza felici, qualcuno addirittura raggiante; altri invece era delusi. E’ sempre difficile capire come è andata nel suo complesso, ma la sensazione che ho avuto è che paiono esserci prospettive positive e c’è la speranze che i collezionisti tornino ad essere disposti a spendere. Speriamo che la rondine faccia proprio primavera.
Questa edizione si è caratterizzata da un certo rinnovamento del parterre delle gallerie, con qualche evidente assenza dei big milanesi e torinesi, che evidentemente non credono più al sistema italiano (ricordo che il solito prevedibile Politi, in un’intervista di qualche anno fa alla Rai, suggeriva ai collezionisti di non andare ad Artefiera ma di spendersi gli stessi soldi da Prada o da Armani ed andare a farsi un giro altrove) oppure preferiscono andare ad Artissima  che è più internescional.
La parte che mi è piaciuta della fiera è stata quella delle nuove gallerie (soprattutto Mario Mazzoli, Apart, SpazioA, Deanesi, Pantaleone), davvero fresca e stimolante, con punte interessanti negli altri padiglioni con Perugi, LipanjePuntin e Jonathan Levine. Inboccallupo a tutti.

Il Fanculo di Cattelan? Lasciamolo!

Com’era prevedibile la mostra di Cattelan a Milano ha creato una serie inenarrabile di polemiche. In maniera particolare, dopo il suo piccolo Hitler sui manifesti, è il suo Dito medio (i titoli reali sono Him e Love) installato di fronte alla Borsa a tenere banco.
Mentre le fazioni pro o contro continuano a belligerare, quel volpone di Politi ci ha messo il carico, proponendo di lasciare la scultura in forma stabile dopo la mostra (leggete qui). A prescindere dal fatto che difficilmente Politi faccia qualcosa senza guadagnarci (mi risulta che abbia svariati pezzi dell’artista veneto e quindi immagino che non gli dispiaccia affatto che si apprezzino di valore) questa volta dice una cosa giusta.
Non nascondo che è imbarazzante essere d’accordo con lui, ma l’idea di lasciare al suo posto quel Fanculo in marmo di Carrara mi trova concorde. Non tanto perché rappresenti “il solo e unico simbolo di contemporaneità, in una città ansimante e affaticata come Milano”, ma soprattutto perché la città meriterebbe di andare a farsi fottere, per la mentalità chiusa e falsamente internazionale, per l’assenza di una politica culturale di livello che non sia fashion e lustrini.
E’ inutile che ce la raccontiamo, Milano, esattamente come l’Italia, è decisamente alla frutta. E quel monumento può rappresentare non tanto la sua rinascita, quanto il suo funerale celebrato da una Cassandra acutissima che in troppi fanno finta di non sentire.