
Mesi fa ho assistito ad una performance di Giovanni Morbin in cui l’artista vicentino gira su se stesso seduto su di uno sgabello (opportunamente dotato di maniglie e di motore elettrico) mentre tenta di pronunciare la dichiarazione di guerra di Mussolini del
10 giugno 1940. Vestito di nero, con l’enfasi e la retorica del Duce, attacca con il celeberrimo “Combattenti di terra, di mare, e dell’aria!”. La velocità di rotazione lo mette però in difficoltà e quando Morbin cerca di mettersi in piedi, scendendo dallo sgabello, finisce per cadere a terra. A quel punto l’artista si risiede e ricomincia da capo con il discorso fino ad una nuova caduta. L’azione si ripete svariate volte, fino a quando egli riesce a correre verso una parete per tracciare con del gesso la “M” di Mussolini ed una piccola “e”. Me è appunto il titolo della performance, in cui l’artista in movimento evoca il bronzeo Profilo continuo (Testa di Mussolini) di Renato Bertelli, opera che è opportunamente presente nel luogo su di un piedistallo.
E’ un lavoro intenso e sinceramente politico, non tanto su quella che è l’eredità del Ventennio, ma su quelle cause antropologiche che lo hanno prodotto, e che certo non sono state estirpate fino alle radici da cinquant’anni di democrazia. Anzi, dalla fine degli Anni Settanta, i tuberi del fascismo sono stati sapientemente innaffiati senza dare nell’occhio, come dimostrano ormai senza pudore i politici per l’arroganza e la cialtroneria, le persone comuni per l’ignoranza e un po’ tutti per la volgarità.
Mi fa paura pensare che abitino nel mio corpo e attorno a me i germi del fascismo, delle braci mai sopite che parevano cenere. Benché critico e fieramente in opposizione a questo fetido ritorno, ad un fascismo nascosto ma dilagante, ho paura di tutti gli anni di feccia berlusconiana che ho succhiato inconsapevolmente sin dalla mia infanzia. E non so se la bellezza ci salverà.