
Ho letto l’ultimo articolo di Giorgio Bocca sul numero di ieri del Venerdì di
Repubblica. L’inserto settimanale del quotidiano romano ospita infatti Bocca come opinionista, assieme a Curzio Maltese e Piero Ottone. Anche ieri il pezzo era fuori del tempo e dispiace che, pur parlando di cose sempre interessanti, Bocca risulti di frequente noioso e scontato. Diciamolo pure: dà l’impressione di essere un vecchio che si fissa e che, pur sapendo perfettamente da che parte stare, è finito per diventare il classico
laudator temporis acti (e tra l’altro complimenti a
Repubblica: Bocca e Ottone fanno in due 176 anni: ma che razza di quotidiano di area riformista è?).
Il pezzo del giornalista piemontese era contro il computer, un vero coacervo di luoghi comuni e di riflessioni di chi ha vissuto la macchina da scrivere e il telefono, il Novecento insomma. E può al massimo rimpiangere il secolo scorso senza capire quali siano le prospettive che invece il computer e la telematica rendono possibile, anche per portare avanti molte delle battaglie che lo stesso Bocca ha condiviso.
Non sarebbe meglio saperlo placidamente in pensione?