Giovanni Minoli è una volpe e ha evidentemente delle capacità tattiche non comuni. Doti che gli hanno permesso, tra l’altro, di restare in Rai per quasi quarat’anni, nonostante i tanti giri di walzer alla testa di Viale Mazzini.
Giusto ad inizio settimana erano state rese note le sue dimissioni dal cda del Castello di Rivoli, essendo cambiata la maggioranza alla Regione Piemonte: con una correttezza assolutamente inedita nel nostro Paese – come avevamo segnalato – aveva consegnato il suo mandato nelle mani di Cota. Cota, apprezzato il gesto ha però confermato la fiducia a Minoli, esprimendo “simpatia” nei confronti del direttore di Rai Educational.
Non so che valore possa avere la simpatia dal punto di vista politico e delle competenze dirigenziali richieste per un museo, ma devo dire che, dopo aver visto ieri Fini e Berlusconi incornarsi come due camosci in calore in un tesissimo tête-à-tête, ogni tanto uno spruzzo di simpatia non guasta.
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Le dimissioni di Minoli e lo spoil system
To the victor belong the spoils, il bottino va al vincitore. Questa frase, pronunciata da un senatore americano ad inizio Ottocento viene considerata come la prima rivendicazione della pratica politica dello spoil system, con cui “le forze al governo distribuiscono a propri affiliati e simpatizzanti cariche istituzionali, la titolarità di uffici pubblici e posizioni di potere”, come spiega Wikipedia. Si tratta cioè di un meccanismo per cui i grandi dirigenti, dopo la vittoria alle elezioni, vengono rimossi e sostituiti con altri del proprio schieramento: una prassi spartitoria che in paesi come gli Stati Uniti è fatta alla luce del sole, mentre da noi è mascherata con la solita italica capacità di nascondersi dietro un dito. Gli effetti deleteri li vediamo ovunque, anche perché, contrariamente a quanto capita in altri paesi per bene, gli italiani non affidano le cariche a raccomandati bensì ad irracomandabili (qui da noi il merit system è un concetto inarrivabile).
Fa specie così vedere – in un paese in cui le dimissioni si minacciano ma non si danno – che ci sono persone come Giovanni Minoli che preventivamente lasciano l’incarico (la presidenza di Rivoli), intuendo come i nuovi amministratori non li metteranno in condizione di lavorare. Era già capitato con il veltronissimo Danilo Eccher al Macro, che però in qual caso stava puntando diretto su Torino e Trento.
E comunque ad entrambi, per un volta in Italia, chapeau.
Petizione per Rivoli. Azzeriamo le nomine
Rivoltiamo Rivoli. A questo punto della vicenda – benché personalmente non mi dispiacesse la formula bicefala con un curatore italiano ed uno internazione come era Be llini/Hoffmann – pare una necessità chiedere al CDA del museo torinese e ai due neodirettori di dimettersi. Discutibile l’abbinata, inaccettabili le modalità e le pressioni della politica.
Sono stato invitato a sottoscrivere questo appello e non posso esimersi dal farlo. Con i migliori auguri per una soluzione all’altezza della fama dell’istituzione.
Quer pasticciaccio brutto der Castello de Rivoli (bis)

Che soluzione da Italietta dei soliti amici della solita lobby. Ero tra coloro che morettianamente si aspettavano qualcosa di sinistra. Minoli ti prego, dimmi che avete esagerato con il Barolo e che domani sistemate tutto!
Quer pasticciaccio brutto der Castello de Rivoli
Il groviglio è dipanato a dovere dalla saggia Carolyn Christov-Bagarghiev in partenza per Kassel (beata lei). “Io penso che il problema in Italia sia l’ingerenza dei politici non solo nel mondo dell’arte. Sono amareggiata e delusa per quel che è successo […]. So che Hoffmann è una persona seria e che aveva tutta l’intenzione di accettare questa carica […]. Credo che ci sia stata da un lato una sottovalutazione delle sue legittime richieste di avere tempo per parlare con i suoi attuali datori di lavoro e dall’altro una sopravvalutazione dell’accordo verbale“.
Ora, a sentire Minoli, si cercherà un altro nome internazionale disponibile all’altra metà della poltrona. Mentre in fondo, il problema era praticamente risolto. Ancora sputtanamento internazionale per l’Italia e grane in vista…