Nemmeno il tempo di pensare che finalmente anche qui da noi si mettono due giovani promettenti a capo di Rivoli che già il sogno è finito. Jens Hoffmann, chiamato assieme ad Andrea Bellini alla testa del museo, si è dimesso. Sostanzialmente perché, sembra di capire, la presidenza non ha rispettato gli accordi nel divulgare la notizia. Il che è sostanzialmente indicativo della modalità di condurre queste dinamiche in Italia. Da un lato l’assessore della Regione, Gianni Oliva, che a qualche mese dalle elezioni tutti i costi punta su Bellini che ha fatto di Artissima un evento popolare ma di qualità; dall’altro Giovanni Minoli che pecca di serietà e, in preda ad ansia da prestazione, rivela quello che non potrebbe ancora dire, salvo poi sputtanare Hoffmann autosputtanandosi (ha dichiarato infatti che il direttore del Wattis Institute non era “una persona seria”: e allora Minoli, perché lo nomini?). Ma la cappella, pare di capire, l’ha fatta proprio lui.
Il groviglio è dipanato a dovere dalla saggia Carolyn Christov-Bagarghiev in partenza per Kassel (beata lei). “Io penso che il problema in Italia sia l’ingerenza dei politici non solo nel mondo dell’arte. Sono amareggiata e delusa per quel che è successo […]. So che Hoffmann è una persona seria e che aveva tutta l’intenzione di accettare questa carica […]. Credo che ci sia stata da un lato una sottovalutazione delle sue legittime richieste di avere tempo per parlare con i suoi attuali datori di lavoro e dall’altro una sopravvalutazione dell’accordo verbale“.
Ora, a sentire Minoli, si cercherà un altro nome internazionale disponibile all’altra metà della poltrona. Mentre in fondo, il problema era praticamente risolto. Ancora sputtanamento internazionale per l’Italia e grane in vista…
Il groviglio è dipanato a dovere dalla saggia Carolyn Christov-Bagarghiev in partenza per Kassel (beata lei). “Io penso che il problema in Italia sia l’ingerenza dei politici non solo nel mondo dell’arte. Sono amareggiata e delusa per quel che è successo […]. So che Hoffmann è una persona seria e che aveva tutta l’intenzione di accettare questa carica […]. Credo che ci sia stata da un lato una sottovalutazione delle sue legittime richieste di avere tempo per parlare con i suoi attuali datori di lavoro e dall’altro una sopravvalutazione dell’accordo verbale“.
Ora, a sentire Minoli, si cercherà un altro nome internazionale disponibile all’altra metà della poltrona. Mentre in fondo, il problema era praticamente risolto. Ancora sputtanamento internazionale per l’Italia e grane in vista…