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Se si spegne un Neon luminosissimo

Il week end di Artefiera sono stato alla vernice dell’ultima mostra alla Neon. La galleria non ha bisogno di presentazioni, essendo stata per trent’anni uno dei posti più in vista e più di ricerca del nord Italia. Impossibile riportare tutti gli artisti, i curatori e gli intellettuali che sono passati nelle mostre e negli incontri dello spazio non-profit bolognese, ma lo spazio è da sempre stato considerato uno dei più liberi dagli schemi (benché più di qualcuno lo abbia invece paragonato ad una Asl per giovani artisti). Negli ultimi anni forse – va detto – la programmazione ha forse risentito di una certa prevedibilità, una certa stanchezza, ma è normale che ciò capiti.
Ho avvertito così una certa malinconia quel sabato, all’affollata apertura della collettiva Difetto come indizio del desiderio, curata da Andrea Bruciati, cui hanno partecipato alcuni dei più interessanti artisti che usano la pittura attivi nel nostro Paese. Non so cosa fosse, ma la mostra, molto azzeccata per l’allestimento delle opere a quadreria sulla parete di fondo (alla Pannini), mi è sembrata davvero il canto del cigno. Un po’ perché di pittura alla Neon se n’è vista poca e quindi rappresenta un unicum, un po’ perché la consapevolezza della fine toglie l’orgasmo della festa.
Non rimane che sperare che qualcuno ne raccolga l’eredità e che quel neon luminoso venga presto riacceso.

Speranze ad Artefiera

Si è chiusa oggi Artefiera, il primo appuntamento dell’anno delle gallerie italiane con il mercato. Come è normale in occasioni simili, ho incontrato molti galleristi abbastanza felici, qualcuno addirittura raggiante; altri invece era delusi. E’ sempre difficile capire come è andata nel suo complesso, ma la sensazione che ho avuto è che paiono esserci prospettive positive e c’è la speranze che i collezionisti tornino ad essere disposti a spendere. Speriamo che la rondine faccia proprio primavera.
Questa edizione si è caratterizzata da un certo rinnovamento del parterre delle gallerie, con qualche evidente assenza dei big milanesi e torinesi, che evidentemente non credono più al sistema italiano (ricordo che il solito prevedibile Politi, in un’intervista di qualche anno fa alla Rai, suggeriva ai collezionisti di non andare ad Artefiera ma di spendersi gli stessi soldi da Prada o da Armani ed andare a farsi un giro altrove) oppure preferiscono andare ad Artissima  che è più internescional.
La parte che mi è piaciuta della fiera è stata quella delle nuove gallerie (soprattutto Mario Mazzoli, Apart, SpazioA, Deanesi, Pantaleone), davvero fresca e stimolante, con punte interessanti negli altri padiglioni con Perugi, LipanjePuntin e Jonathan Levine. Inboccallupo a tutti.

La polvere di Artefiera

C’era meno gente del solito ad Artefiera il giovedì dell’inaugurazione. Meno ressa del solito, il che non è necessariamente negativo. Meglio un pubblico più contenuto, ma attento e con in tasca buone intenzioni, che un’orda di barbari presenti solo per farsi vedere e fare il defilé.
Anche il venerdì è stato tranquillo, con poca gente – ma dove sono le scolaresche degli anni scorsi? – e più di qualcuno scontento, mentre altri hanno venduto. Ho visto anche uno stand con quasi tutti i lavori bollati (Atlantica, che ha presentato un solo show dell’interessante Andro Semeiko) che speriamo sia di buon auspicio per le altre gallerie. E comunque il sabato e la domenica i giochi posso davvero cambiare e prendere una buona piega.
Di certo c’è di sicuro l’aria secca e piena di polvere che rovina occhi e rende la gola come la carta vetrato. Non possiamo augurarci comunque che, per le gallerie ed artisti, sia polvere di stelle.

 

L'arte concettuale? Per induzione. Parola di Hilla Becher

Ho avuto la fortuna di conoscere Hilla Becher in occasione della mostra organizzata a Bologna l’anno scorso presso il Museo Morandi a Bologna. Mi è piaciuta molto questa signora ormai anziana in grado di esprimersi, come tutte le persone davvero grandi, con semplicità ed immediatezza. In particolare mi hanno colpito le sue parole riguardo i primi anni di lavoro assieme al marito. “Le tipologie”, mi ha spiegato “sono nate dopo anni passati a scattare ricercando di standardizzare il processo di ripresa. L’idea che le foto potessero essere in relazione nasce solo dopo lunghi mesi di osservazione”.
Sono stato felice di sentire quelle riflessioni, tanto più perché provano come l’arte concettuale abbia anche matrici induttive, contrariamente alla vulgata che tanto si ascolta in giro e che congela l’atto creativo nell’idea. Che è spesso quello che tanti cattivi e professori insegnano ai nostri studenti nelle accademie, ammorbandoli con elucubrazioni sui progetti e contemporaneamente sottraendo al fare arte la dimensione pratica. Invece, almeno per la coppia tedesca, l’arte si è sviluppata a posteriori, ed il pensiero è stato generato dall’interazione reale/concetto mediata dall’artista e dal tempo. In barba “ai maligni e ai superbi” teorici idealisti.

A Bologna è tornato il bollino

Dopo un anno di vacche magrissime, fa tirare un respiro di sollievo vedere non solo tanta gente ad Artefiera, ma anche ricomparire i bollini a fianco le opere. Più di qualche gallerista ha venduto e l’impressione che ne ho tratto è che in maniera particolare i più coraggiosi siano stati premiati: uno su tutti Mario Mazzoli (non era comunque l’unico a mostrare dei lavori interessanti), che ha presentato delle belle opere di sound art, seppur di perfetti sconosciuti. A fine fiera il suo stand aveva tanti bollini rossi da sembrare la Pimpa. Chapeau.
Fortunatamente il collezionista medio-piccolo, di cui stupidamente Politi si auspicava l’estinzione in un’intervista rilasciata alla Rai per la scorsa edizione della manifestazione (“piuttosto che comprare un’opera a Bologna spendete 2mila euro per una borsa firmata”), si è visto. Anche perché i prezzi paiono essere più ragionevoli. Speriamo che la rondine faccia per davvero la primavera.

Arriverà ad Artefiera il convitato di pietra?

Si inaugura oggi pomeriggio – forse con troppe aspettative – Artefiera, il principale evento commerciale per chi si occupa di arte nel nostro paese. Dopo l’annus horribilis appena trascorso con la crisi economica che ha falcidiato le tasche di molte persone, è il collezionista medio che fa il mercato il grande punto di domanda. Tutti ovviamente sperano che arrivi e non sia un semplice convitato di pietra.
I prezzi un po’ più bassi e le aspettative di un’economia in leggera crescita saranno un incentivo sufficiente, oppure parafrasando Mozart, sarà “come l’araba fenice, che vi sia ciascun lo dice, ma nessuno sa dov’è”?.
Vedremo. Nel frattempo le numerose iniziative off nella città e nei musei non possono che essere di buon auspicio.