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Fanculo curatori & co. Il padiglione italiano sarà fatto dagli intellettuali

Vi fareste mai otturare un dente dal carrozziere? Oppure chiamereste mai un giornalista per farvi sistemare la caldaia? Se non amate il rischio non lo fareste mai. E soprattutto difficilmente risolvereste il problema. Però potreste sempre chiamare un intellettuale.
È quello che farà lo Sgarbone nazionale per il nostro padiglione: il commissario Vittorio ha infatti spiegato, in un’intervista concessa al Piccolo di Trieste, che chiamerà intellettuali – come Claudio Magris, Alberto Arbasino, Umberto Eco, Paulo Coelho, Dominique Fernández – a scegliere gli artisti rappresentativi del nostro Paese. D’altronde i critici e i curatori lui li odia, poiché sono “dei narcisi pezzi di merda che pensano di averlo più lungo degli altri” (me lo ha dichiarato di persona il giorno dell’apertura del Maxxi).
Ha ragione. C’è gente che si fa il culo per quattro lire, che cerca di indagare nuovi linguaggi e crede nella sperimentazione: ma sono semplicemente “dei pezzi di merda”. Vuoi mettere le competenze in arte contemporanea di cinque – per l’amor del cielo eccelsi nella loro disciplina – vecchi, età media 75 anni? Degli autentici pezzi di Novecento?
Che vergogna. L’unico aspetto positivo è che la solita cricca mangerà un po’ meno.

Le prime uscite sulla Sgarbi-Biennale

Devo ammettere che le uscite di Vittorio Sgarbi sulla Biennale mi hanno stupito piacevolmente. Affidare il padiglione italiano ad insigni uomini di cultura vuol dire assumersi i rischi di mettere in mostra quanto l’arte contemporanea sia o non sia parte del sistema culturale del nostro paese. “Sono sicuro che ne uscirebbe un quadro più interessante di quanto possano dare i soliti critici, esponenti del commercio e del collezionismo di mestiere, tendenzialmente isolati dal tessuto più vivo della società italiana”, dice Sgarbi. E ha perfettamente ragione.
Perché – questo dobbiamo dircelo chiaramente – qui da noi il contemporaneo è comunque espressione di una piccola élite, o, meglio si farebbe dire, di una (mafiosa?) setta di adepti. Non ci sono confronti con gli altri paesi industrializzati, in cui produzione e idee sono sistematiche e si relazionano col complesso di attività culturali sviluppate.
Vogliamo mostrare quanto conta sul sistema-paese il lavoro fatto dal carozzone del contemporaneo? Forse molti di noi smetteranno di fare gli alteri, scoprendo non solo di essere nudi, ma di non essere nemmeno dei re.

Cattivi pensierini per l’anno nuovo

 

Caro 2010, ti scrivo perché vorrei che tu fossi un po’ meno peggiore per l’arte dell’anno appena concluso. A partire dall’alto mi piacerebbe che ci fosse un ministro dei Beni Culturali più attento e presente (e che sappia trovare per la Biennale del 2011critici più bravi di quelli che hanno curato questa appena archiviata!); assessori e politici meno invadenti e meno pasticcioni, dato che quelli competenti praticamente non esistono; amministratori più attenti a spendere i soldi nelle cose di qualità e in grado di compiere qualche scelta strategica, di cui abbiamo molto bisogno.
Non mi dispiacerebbe poi che poi l’onestà intellettuale fosse il pane quotidiano dei colleghi giornalisti ma anche dei curatori e dei critici. Anzi, fa’ qualcosa, ammazzane quattro/cinque tra i soliti fighetti dall’ego incontenibile e qualcuno dei vecchi eternamente presenzialisti: non ne sentiremo la mancanza!
Visto che ci sei, caro 2010, accoppa pure qualche artista e qualche gallerista incompetente: penso tu abbia l’imbarazzo della scelta. E non dimenticarti pure dei direttori di museo, che siano solo i bravi a rimanere, ok?
Fai il bravo, anno nuovo. Ma ho come la sensazione che anche tu mi farai incazzare…