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Sgarbiennale Discothèque

Ora mi è chiaro perfettamente. Il Padiglione Italia è una discoteca labirinto. Bianca, senza luci colorate, grande un centinaio di chilometri. E dalla quale non si può uscire. C’è un signore sulla porta, si chiama Vittorio, e non fa selezione all’ingresso. Bisogna solo fare la coda e non indossare le scarpe da ginnastica. Se ci si presenta con tanto di amica erotomane predisposta al meretricio, e magari con ghiandole mammarie elefantiache, si entra anche prima.
Adesso alle persone piace molto questa discoteca, perché c’è il pieno nelle sale, e Mino Reitano e Peppino Di Capri sono finalmente diventati i maître à penser del gusto contemporaneo e finalmente si può ruttare dopo un bicchiere di havana-cola e un walzer zumpapà. Una volta invece c’era gente noiosa e spocchiosa che obbligava ad ascoltare i dischi di Paolo Conte o Battiato in sette ottavi, tempi bulgari comunisti che non si possono ballare se non si era ballerini alla Scala e non si votava pici-ì.
E poi, se la gente non ballava e non sudava, si beveva poco e i gestori della discoteca non erano felici, mentre adesso tutti bevono perché c’è caldo poiché c’è l’effetto bue & asinello che piace anche ai preti. Ora la discoteca è di tutti e ha vinto il popolo. W la democrazia, il popolo trionfa sempre!

Biennale. Artisti, rifiutate il nulla…

Continuo a ricevere richieste di consigli da parte di amici artisti incerti e disperati che sono stati invitati alla Biennale di Venezia all’ultimo minuto. Padiglioni regionali, Arsenale, Padiglioni delle Accademie, le opzioni sono diverse e non sempre chiare. Anzi, c’è chi è stato invitato da parte di regioni in cui non lavora né abita. Altri che, pur avendo declinato, si sono trovati nelle pue provvisorie liste presentate alla stampa.
La situazione è decisamente un ginepraio, un moloch incredibile in cui nemmeno gli organizzatori capiscono più qualcosa. Così al telefono capita che abbiano perfino chiesto all’artista con quale regione preferisse partecipare. Va bene pure la Kamchatka.
Grazie Sgarbi, grazie Bondi. Questa è la merda che noi italiani ci meritiamo.

Gli ennesimi Sgarbi

Come sempre a fare una figura di culo noi italiani ci mettiamo tutto il nostro impegno, tanto più nelle situazioni importanti. E così la soap Sgarbi & il Padiglione Italia ha ormai non solo abbondantemente sorpassato il numero di puntate delle telenovelas sudamericane, ma soprattutto ha frantumato gli zebedei di qualsiasi persona di buon senso che lavori nel sistema dell’arte o nel settore della cultura.
Il ricatto dello storico ferrarese verso il Ministro della Cultura attuale – che pare al momento meno servizievole dello slave Sandro Bondi – ma sopratutto verso tutti noi, “o mi fate diventare soprintendente o mi dimetto da responsabile del Padiglione Italia” è intollerabile in un paese civile, in cui le regole valgono per tutti, anche i prepotenti e gli sbruffoni. Evidentemente però il nostro paese civile non è. E d’altronde in quale altra nazione avrebbe potuto essere credibile come curatore di arte contemporanea un narciso incazzoso che fa i giochini di potere e ricatta i politici?
Allo stato attuale pare di capire che le dimissioni siano state solo minacciate – pratica frequentissima da noi, solo per fare un polverone e guadagnare visibilità – per poi non essere formalizzate nelle sedi competenti. Di certo, qualunque sia l’esito, Sgarbi può solo vergognarsi per la figura che ha fatto. E, mentre il mondo si prepara al meglio per la mostra con più visibilità al mondo, si vergognino anche coloro che sono ancora disposti a sostenerlo, nonostante tutto.
Poveri noi.

Casino Biennale


Casino. Approssimazione. Ma anche disorganizzazione. Non ci sono altri modi per raccontare la situazione per le sezioni del Padiglione Italia che avranno base regionale. Sono stato contattato ormai da una decina di artisti veneti che non sanno cosa fare e nemmeno cosa faranno, poiché ad un mese e mezzo dalla mostra – ricordiamolo: è pur sempre la Biennale di Venezia e non la Sagra del Gnocco – non hanno alcuna informazione in merito.
Che opere devo portare? quanto spazio ho? Che catalogo ci sarà? Chi seguirà la mostra e gli allestimenti? Zero, niente informazioni. L’unica sicurezza è l’ambientazione a Villa Contarini a Piazzola sul Brenta, mentre pare che il catalogo sarà diviso in tre tomi (nord, centro e sud Italia).
Penso che in questa bolgia pensata da Sgarbi convenga disertare, non tanto come gesto politico, ma perché l’arte è un lavoro serio, non un mestiere da cazzari. E poi, a cosa serve avere una riga in più per la Biennale più incasinata del mondo dove non si capisce nemmeno quale sia il progetto? In confronto – per il momento dal punto di vista organizzativo, poi per la qualità si vedrà – quella di Beatrice&Buscaroli era da oscar.

Partecipare alla Biennale? Sì, ma…

Negli ultimi giorni sono stato contattato da ben quattro amici che sono stati invitati a partecipare alla mostra della Biennale di Venezia. Tutti e quattro gli artisti hanno ricevuto da parte di Arthemisia (la società incaricata da Vittorio Sgarbi di organizzare il padiglione italiano) una lettera che non conteneva grandi spiegazioni. Non una riga di concept o delle linee guida del progetto. La domanda invece è chiara: caro artista, ti va di partecipare? A cosa, a quale mostra, non si capisce, ma evidentemente l’idea degli organizzatori è quella di fare una ricognizione, più che una mostra con un criterio curatoriale.
Qualcuno di loro – incerto se aderire, sia per motivi artistici che “politici” – mi ha chiesto un consiglio. Io ho suggerito di fare quello che si sentivano, ma anche di ragionare con dei criteri di corretta visibilità e di allestimento del proprio lavoro: vale accettare se, sorpassato un eventuale rifiuto per motivi ideologici, le opere che si presentano possono stare sufficientemente bene in un contesto sconosciuto. Se possono adattarsi cioè a situazioni differenti, rispetto a quella ipoteticamente migliore, senza perdere la loro funzione o il loro senso (ad esempio una fotografia di medie dimensioni può tendenzialmente avere meno problemi di un’installazione ambientale).
Detto questo, partecipare ad una mostra così pare proprio una lotteria. Non ci resta che sperare con un ricco montepremi, anche se la sensazione che ho è che al massimo sarà un Gratta e Vinci da pochi euro.

La Biscotti e il pasticcio Biennale

Rossella Biscotti, una degli artisti italiani trentenni più engagé, ha raccontato sul proprio profilo Facebook di aver declinato l’invito a partecipare ad una delle mostre (all’estero) che compongono il progetto della prossima Biennale di Venezia poiché “è un’operazione realizzata per rappresentare il governo di Berlusconi”. Si evince infatti che la Biscotti non voglia in alcun modo prendere parte ad un’iniziativa sostenuta dal governo italiano, dato che – come il sottoscritto e tanti altri milioni di cittadini – non si sente rappresentata dalle persone che sono a capo del nostro paese.
A prescindere dal fatto che ciascun artista debba prendere in piena autonomia la decisione di partecipare o meno ad una mostra (in base alla sua sensibilità, ai suoi interessi o anche all’opportunità), spero invece che l’artista abbia rifiutato per altre ragioni; mentre trovo le motivazioni politiche addotte dalla Biscotti  ideologiche, o forse, meglio, pretestuose. Nessun artista rappresenta il governo di un paese in una mostra (né è invitato a farlo) ma piuttosto rappresenta, oltre che sé stesso, il proprio paese; e, evidentemente, le scelte culturali di quel paese. Se Berlusconi avesse perso le elezioni due anni fa allora il nostro paese meriterebbe di essere rappresentato o il paese stesso sarebbe all’improvviso migliore e più avanzato?
Non capisco proprio perché rifiutare, tanto più nel momento in cui si ha la possibilità di criticare le scelte di quel governo, magari con un’opera realizzata appositamente o con una performance in una situazione ufficiale. Perché ricorrere allora all’antagonismo a tutti i costi, da sfoggiare nel curriculum da alternativo, nel pedigree da rifondino comunista?
Penso che molti intellettuali ed artisti la debbano smettere di fare la sinistra massimalista che sputa sentenze ma crolla di fronte alla realtà. Sporchiamoci le mani con il mondo e combattiamo questo abominevole governo fascista sul campo, opponendogli fatti e non chiacchiere, opere e non silenzi compiaciuti. Altrimenti dove sta l’impegno politico e la volontà di voltare pagina? Nelle dichiarazioni d’intenti e nelle compiaciute riflessioni salottiere da gauche caviar?

La Biennale sarà Carol Rama e padiglioni regionali?

Ieri il commissario Vittorio Sgarbi ha anticipato quello che potrebbe essere il suo padiglione italiano. La scelta, come sempre capita con lui, è assolutamente inaspettata e fuori di ogni logica che non sia quella della follia momentanea di un arteriosclerotico precoce. Sgarbi infatti ha espresso in una conferenza stampa che vuole una Biennale con due progetti: una personale di Carol Rama, con lavori dell’ultimo decennio dell’artista, ed una sezione a base regionale.
Se così fosse sarebbe l’ennesima occasione buttata al vento. E’ infatti inaudito che, con tutti i giovani e i maturi artisti italiani che avrebbero bisogno di visibilità internazionale e di conferma critica, lui voglia dare attenzione ad un’artista assolutamente brava ma che ormai non ha più la possibilità di incidere sul nostro tempo. Carol Rama è storia storicizzata, come testimonia il suo Leone d’Oro alla carriera del 2004.
Per quanto riguarda la presenza regionale devo dire che ricorda molto l’agroalimentare, settore in cui noi italiani stiamo diventando maestri. Evidentemente per Sgarbi l’arte è frutto del territorio, come il vino, i formaggi o gli insaccati di maiale. Oink oink.

Sgarbi: voglio lotto alla Biennale

Ancora parole sulla Biennale, alle molte già dette, da parte del neosoprintendente di Venezia Vittorio Sgarbi nonché commissario dell’italico padiglione. Parola d’ordine mischiare: esporre gli artisti antichi all’Asenale e i nuovi nei musei veneziani. E poi mettere in luce i mille legami tra antico e moderno.
Proposte che non sono male. Vi ricordate il miracolo di Artempo in cui le carte erano magicamente mischiate? Miracolo, appunto, che capita di rado. E comunque peccato che lo scopo della mostra ospitata al padiglione italiano sia – per statuto – ben altro, cioè promuovere e mostrare le ultime ricerche nel campo del nostro Paese. Ma ovviamente Sgarbone avrà carta bianca dall’incompetente Bondi e probabilmente il presidente Baratta non farà tanti casini, per evitare strumentalizzazioni politiche e perdite di poltrone.
Alla fine avremo un sacco di persone che si vedranno il pur stratosferico Lotto col biglietto della Biennale, mentre gli sfigati artisti contemporanei ce li beccheremo in giro per la città. Un po’ come capita ai paesi che il padiglione non ce l’hanno. Ma questa volta, ne siamo sicuri visti i gusti da muffa dello Sgarbone, non se ne accorgerà nessuno.