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Mario Airò in scala 1:50

Qualche mese fa ho visto l’opera di Mario Airò Atlantide alla mostra d’apertura del progetto Terre vulnerabili (un vero e proprio ciclo espositivo in progress con quattro appuntamenti), ospitato all’Hangar Bicocca. E’ una macchina di metallo – che ricorda gli utensili delle officine meccaniche – che di tanto in tanto lascia cadere un asta metallica producendo un rumore secco. La si sente da lontano, nella sede della mostra, e sotto le alte volte dei capannoni il rumore prodotto è quello di un tonfo che rimbomba in forma sacrale. Quando ci si avvicina si scopre che quando l’asta percuote terra accende un dispositivo che produce un’infiorescenza luminosa, una sorta di disegno floreale, realizzato con il laser verde. Un’opera molto bella, che non è concettualmente fredda e la cui forza è quella saper giocare e di concedere una gratificazione visiva all’attesa dello spettatore. Perfetta per il luogo, chapeau.
Sono rimasto esterefatto invece quando ho visto il modellino della stessa opera ad Artefiera, presso la Galleria Nicoletta Rusconi, realizzato in scala come le macchinine Bburago. Ho chiacchierato un po’ con la gallerista e ne ho dedotto – ma forse mi sbaglio – che non si trattava di una maquette preparatoria bensì di un modello realizzato ex post. La scultura originale è di grandi dimensioni e difficilmente vendibile, il modellino invece sta in salotto: questo era il ragionamento. E poi la magnifica opera esposta all’Hangar costa sugli 80mila, il modellino solo 12. Insomma era un vero affare.
Peccato che il modellino non abbia niente a che vedere con l’intensità della versione originale di Atlantide. Anzi, se non fosse un modello preparatorio, come disegni e progetti (che ragionevolmente rappresentano il processo creativo che ha originato l’opera), farebbe proprio tristezza.