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Mario Airò in scala 1:50

Qualche mese fa ho visto l’opera di Mario Airò Atlantide alla mostra d’apertura del progetto Terre vulnerabili (un vero e proprio ciclo espositivo in progress con quattro appuntamenti), ospitato all’Hangar Bicocca. E’ una macchina di metallo – che ricorda gli utensili delle officine meccaniche – che di tanto in tanto lascia cadere un asta metallica producendo un rumore secco. La si sente da lontano, nella sede della mostra, e sotto le alte volte dei capannoni il rumore prodotto è quello di un tonfo che rimbomba in forma sacrale. Quando ci si avvicina si scopre che quando l’asta percuote terra accende un dispositivo che produce un’infiorescenza luminosa, una sorta di disegno floreale, realizzato con il laser verde. Un’opera molto bella, che non è concettualmente fredda e la cui forza è quella saper giocare e di concedere una gratificazione visiva all’attesa dello spettatore. Perfetta per il luogo, chapeau.
Sono rimasto esterefatto invece quando ho visto il modellino della stessa opera ad Artefiera, presso la Galleria Nicoletta Rusconi, realizzato in scala come le macchinine Bburago. Ho chiacchierato un po’ con la gallerista e ne ho dedotto – ma forse mi sbaglio – che non si trattava di una maquette preparatoria bensì di un modello realizzato ex post. La scultura originale è di grandi dimensioni e difficilmente vendibile, il modellino invece sta in salotto: questo era il ragionamento. E poi la magnifica opera esposta all’Hangar costa sugli 80mila, il modellino solo 12. Insomma era un vero affare.
Peccato che il modellino non abbia niente a che vedere con l’intensità della versione originale di Atlantide. Anzi, se non fosse un modello preparatorio, come disegni e progetti (che ragionevolmente rappresentano il processo creativo che ha originato l’opera), farebbe proprio tristezza.

Speranze ad Artefiera

Si è chiusa oggi Artefiera, il primo appuntamento dell’anno delle gallerie italiane con il mercato. Come è normale in occasioni simili, ho incontrato molti galleristi abbastanza felici, qualcuno addirittura raggiante; altri invece era delusi. E’ sempre difficile capire come è andata nel suo complesso, ma la sensazione che ho avuto è che paiono esserci prospettive positive e c’è la speranze che i collezionisti tornino ad essere disposti a spendere. Speriamo che la rondine faccia proprio primavera.
Questa edizione si è caratterizzata da un certo rinnovamento del parterre delle gallerie, con qualche evidente assenza dei big milanesi e torinesi, che evidentemente non credono più al sistema italiano (ricordo che il solito prevedibile Politi, in un’intervista di qualche anno fa alla Rai, suggeriva ai collezionisti di non andare ad Artefiera ma di spendersi gli stessi soldi da Prada o da Armani ed andare a farsi un giro altrove) oppure preferiscono andare ad Artissima  che è più internescional.
La parte che mi è piaciuta della fiera è stata quella delle nuove gallerie (soprattutto Mario Mazzoli, Apart, SpazioA, Deanesi, Pantaleone), davvero fresca e stimolante, con punte interessanti negli altri padiglioni con Perugi, LipanjePuntin e Jonathan Levine. Inboccallupo a tutti.

La polvere di Artefiera

C’era meno gente del solito ad Artefiera il giovedì dell’inaugurazione. Meno ressa del solito, il che non è necessariamente negativo. Meglio un pubblico più contenuto, ma attento e con in tasca buone intenzioni, che un’orda di barbari presenti solo per farsi vedere e fare il defilé.
Anche il venerdì è stato tranquillo, con poca gente – ma dove sono le scolaresche degli anni scorsi? – e più di qualcuno scontento, mentre altri hanno venduto. Ho visto anche uno stand con quasi tutti i lavori bollati (Atlantica, che ha presentato un solo show dell’interessante Andro Semeiko) che speriamo sia di buon auspicio per le altre gallerie. E comunque il sabato e la domenica i giochi posso davvero cambiare e prendere una buona piega.
Di certo c’è di sicuro l’aria secca e piena di polvere che rovina occhi e rende la gola come la carta vetrato. Non possiamo augurarci comunque che, per le gallerie ed artisti, sia polvere di stelle.

 

A Bologna è tornato il bollino

Dopo un anno di vacche magrissime, fa tirare un respiro di sollievo vedere non solo tanta gente ad Artefiera, ma anche ricomparire i bollini a fianco le opere. Più di qualche gallerista ha venduto e l’impressione che ne ho tratto è che in maniera particolare i più coraggiosi siano stati premiati: uno su tutti Mario Mazzoli (non era comunque l’unico a mostrare dei lavori interessanti), che ha presentato delle belle opere di sound art, seppur di perfetti sconosciuti. A fine fiera il suo stand aveva tanti bollini rossi da sembrare la Pimpa. Chapeau.
Fortunatamente il collezionista medio-piccolo, di cui stupidamente Politi si auspicava l’estinzione in un’intervista rilasciata alla Rai per la scorsa edizione della manifestazione (“piuttosto che comprare un’opera a Bologna spendete 2mila euro per una borsa firmata”), si è visto. Anche perché i prezzi paiono essere più ragionevoli. Speriamo che la rondine faccia per davvero la primavera.

Arriverà ad Artefiera il convitato di pietra?

Si inaugura oggi pomeriggio – forse con troppe aspettative – Artefiera, il principale evento commerciale per chi si occupa di arte nel nostro paese. Dopo l’annus horribilis appena trascorso con la crisi economica che ha falcidiato le tasche di molte persone, è il collezionista medio che fa il mercato il grande punto di domanda. Tutti ovviamente sperano che arrivi e non sia un semplice convitato di pietra.
I prezzi un po’ più bassi e le aspettative di un’economia in leggera crescita saranno un incentivo sufficiente, oppure parafrasando Mozart, sarà “come l’araba fenice, che vi sia ciascun lo dice, ma nessuno sa dov’è”?.
Vedremo. Nel frattempo le numerose iniziative off nella città e nei musei non possono che essere di buon auspicio.