Spero che siate stati alle presentazioni dell’ultimo inutilissimo libro di Francesco Bonami Si crede Picasso (vi consiglio francamente di risparmiare i 17 euri del libro). Ne ha fatte un paio in luoghi prestigiosi come Palazzo Grassi a Venezia e il Mart a Rovereto. Bene direte, ci sarà stato da divertirsi: da autentico toscanaccio avrà raccontato un sacco di storie e ne avrà dette di cotte e di crude, tanto più perché davanti a platee del mondo dell’arte e quindi sensibili.
Sbagliato. Una noia mortale: pensieri pochi e pure espressi male: semplicemente imbarazzante. E il libro? Vi ricordate il giudizio di Fantozzi sulla Corazzata Potemkin? Sì, proprio così: una cagata pazzesca. Eppure Bonami ha e ha avuto ruoli di prestigio ed il suo curriculum è assolutamente invidiabile. Spero per lui che nei prossimi anni si limiti a fare belle mostre, perché a parlare e formulare pensieri è un disastro, come sa bene chi l’ha visto contro il parolaio Sgarbi alla Sandretto. Tutto il resto è davvero noia e fuffa.
Che dire? Quanto meno con ABO ci saremmo divertiti a vedere un guitto sul palco.
Tag: achille bonito oliva
De Chirico e la parabola dell’italiano disonesto

Nel secondo dopoguerra De Chirico aveva infatti con una certa frequenza iniziato a copiare i propri quadri metafisici, ma anche a retrodatare quelli che faceva per poterli vendere come giovanili: quindi da un lato riproponeva la maniera degli anni Dieci e Venti, dall’altro si autofalsificava arrivando perfino a non rendersi più conto lui stesso se l’opera fosse originale o copia. A quel punto il pasticciaccio era fatto.
Ma che credibilità può avere un simile uomo disonesto? Come possiamo tollerare questa pratica intellettualmente truffaldina dedicandogli una mostra con lavori posteriori agli anni Quaranta (seppure con l’accortezza di segnalarne l’erronea datazione furbesca). Ci piace celebrare il famoso, il noto, il vincente, e non sappiamo mandare a fanculo i vecchi tromboni che ci fottono.
La parabola di de Chirico è esattamente la stessa del nostro paese. Che disgusto.
ABO, le (di)missioni veneziane e la strategia per il palazzo…
Monique Veaute si è dimessa dalla direzione di Palazzo Grassi, spiegando come “si fosse compiuto un ciclo” e che quindi la missione per la quale era stata ingaggiata sia stata portata a termine. I dietrologi – sempre numerosi nel nostro paese – dicono invece che le dimissioni siano avvenute in maniera un po’ troppo sbrigativa, non tanto perché un corso si fosse concluso ma perché sostanzialmente non sia mai incominciato. I motivi? Pinault farebbe un po’ troppo da padrone…
E come suo stile, Bonito Oliva ci mette il carico, dicendo che il patron transalpino ha ridotto all’immobilismo Punta della Dogana, poiché il centro è stato affidato a “due servi di scena” come Gingeras e Bonami (il quale replica su Il Riformista, caustico ma un po’ troppo attento a pararsi il proprio didietro, quello del magnate francese, ma anche quello del sindaco Cacciari). “Se il comitato scientifico non avrà chiarimenti, io stesso mi dimetterò: del resto lì rappresento il Comune di Venezia, le cui linee guida sono completamente disattese dall’attuale gestione”.
Ottimo compromesso all’italiana. Dichiarazione forte (le dimissioni) ancorato a condizioni difficilmente verificabili per chi legge. Risultato che ancora non sapremo. Chissà, magari ABO vuole dimettersi per curare le mostre, per rubare la scena a quelli che lui definisce i servi del padrone?
ABO è un genio tattico, ed è imprevedibile. Lo vedremo. E se volesse dimettersi dal comitato scientifico per curare lui le mostre? Al Mart sembra sia successo proprio questo e che ne abbia beneficiato pure il suo conto corrente…