Gli auguri? Solo se personali

Penso di aver ricevuto quasi duecento email generiche (cioè intestate a più destinatari) di auguri, buone feste, buon anno et similia da gallerie, uffici stampa, musei e quant’altro la tassonomia del mondo dell’arte rende possibile. Preso di corsa, come tante persone in questo momento dell’anno, non li ho praticamente letti né li ho considerati come una forma di attenzione. Semplicemente si ricevono, come automaticamente si riceve un messaggio distribuito da una qualsiasi mailing list.
Oggi però ho ricevuto anche dei biglietti d’auguri in forma cartacea, in cui delle care persone mi hanno scritto un messaggio personale. Davvero è un’altra cosa la carta e la penna. Se per il lavoro è il massimo d’efficienza, come strumento che deve comunicare un gesto d’attenzione l’elettronica non funziona proprio.

L’Ara Pacis con auto, Cranach su internet

La crisi economica morde le istituzioni culturali non solo qui da noi, ma in tutta Europa. Ma reagire è possibile: l’unica vera sconfitta di fronte alle difficoltà è l’immobilismo (condizione esasperante che sappiamo caratteristica dell’Italia).
E così mentre, malamente, da noi un soprintendente come Umberto Broccoli affitta la teca dell’Ara Pacis ad un (amico) costruttore di automobili elettriche – causando reazioni a catena dal sindaco della capitale Alemanno all’assessore Croppi che fingono di non sapere – i cugini transalpini ci danno l’ennesima lezione di come sia possibile far fronte alle necessità economiche con una modalità trasparente e che ha il vantaggio di responsabilizzare i cittadini.
La direzione del Louvre infatti, che stava trattando l’acquisto da un privato di un olio di Lucas Cranach il Giovane che rappresenta le Tre Grazie, avendo a disposizione solo 3 dei 4 milioni necessari per l’opera ha aperto una sottoscrizione pubblica con un sito internet che, in poco più di un mese, ha permesso di raccogliere i quattrini che mancavano. Numerosi le adesioni, con cifre ovviamente molto differenti e secondo le tasche, ma circa un quarto dei sottoscrittori ha offerto 50€, come ha anticipato Le Monde.
Ricetta semplice, economicamente democratica perché permette di contribuire in base alla propria condizione, moderna perché usa uno strumento come internet che, una volta in più, si dimostra in grado di sviluppare dinamiche partecipative di grande importanza.
Chapeau. Ci proviamo anche noi?

Letterina di natale di Bondi agli ex compagni


Per una volta mi esprimerò in rima
per raccontare tutta la mia stima
per il ministro dei Beni Culturali Sandro Bondi,
che, pur poeta, alla cultura taglia i fondi.
Dovete sapere che il sommo di buona mattina
ha deciso di scrivere agli ex amici una letterina,
temendo di essere da questi sfiduciato
per il suo ruolo ed il suo felice operato
(parlar di “operato” par forse eccessivo,
considerato che il suo è incarico elusivo:
d’altronde ci siamo accorti, non è una svista,
che lui è stato il ministro più assenteista.
Ma non è facile coordinare il Pidielle
o star dietro a Berlusca che va a pulzelle).
Fatto sta che sull’edizione odierna del Foglio
Bondi ha perso qual che restava del suo orgoglio
scrivendo agli ex compagni comunistoni
perché in Parlamento non facessero i cattivoni:
“Suvvia, cari amici con falce e martello nel cuore,
continuerete a perdere, a ricevere dolore.
Ma fate almeno la buona azione per natale
e votate la fiducia a me, ministro niente male.
Diversamente, non per me un`onta sarebbe
ma per voi villani che la proporrerebbe”
(scusate le sgrammaticature sopraffini
tutta colpa della riforma Gelmini).
Ma caro ministro, non ti vergogni?
Tu che sulla cultura ci fai i tuoi bisogni?
Tu che hai messo Sgarbi alla Biennale
e parenti con posizione ministeriale?

Fuoco e fiamme su Roma. Finalmente un po’ di realtà

Mi sono sempre stupito del fatto che, con la crisi economica, la grande disoccupazione, i tagli a molti settori centrali della vita dell’Italia decisi dal governo, il crollo di tutto il sistema paese (scuole, pubblica amministrazione, lavori pubblici, cultura eccetera eccetera), la gente se ne stesse anestetizzata a casa a guardare la tivù o passasse i sabati per negozi e centri commerciali.
Già da un paio di anni ho la sensazione che le persone vivano nel favoloso mondo dei polli, pieno fino all’orlo di merda spacciata per cioccolata. Trent’anni fa, con una simile situazione avremmo cercato di dar fuoco al parlamento e, alle manifestazioni, solo pochi politici avrebbero avuto il coraggio di presentarsi e parlare.
Ho avuto un fremito di piacere quando oggi, dopo le votazioni in parlamento con la fiducia comprata da Berlusconi, qualcuno abbia finito per incazzarsi ritenendo la cosa intollerabile. Il volto con cui si è presentata è quello – mai desiderabile – della violenza e del fuoco, ma finalmente la realtà bussa alla porta.

 

Invito su carta. Ma quanto ci costi?

Oggi la cassetta della posta mi regalava il piacere di ben otto inviti a mostre in gallerie ed istituzioni pubbliche. Il che, evidentemente, fa molto piacere. A differenza di quelli inviati per email (in cui gli aspetti fondamentali sono l’efficienza e la rapidità), gli inviti cartacei hanno un dannato fascino che ancora è inspiegabile, tanto più nell’epoca in cui viviamo, basata sulla telematica, sui mezzi virtuali o inconsistenti. Ma valutiamo l’operazione di invio cartaceo in un momento di tagli disumani alla cultura, il che, una volta di più, fa incazzare.
La spedizione del più grande degli inviti, ad esempio, costa € 1.40 ed è stata fatta dalla Regione Veneto – mi immagino a millecinquecento/duemila persone – come lettera normale (non cioè in modalità di recapito massivo). Il che fa una spesa che oscilla tra 2/3mila. A questi vanno aggiunti i costi di stampa, che è stata fatta in un non certo economico cartoncino.
Gli inviti delle gallerie (eccetto uno a 60 cent) mi sono stati mandati invece con Posta target e costano 31 centesimi, praticamente un inezia a confronto. Se gli inviti della mostra di Finzi fossero stati mandati con Posta target si sarebbero cioè risparmiati circa 1600-2100 euro. Una cifra considerevole, non tanto forse per il budget di questa mostra a Villa Contarini, quanto nel totale di un’amministrazione come la Regione Veneto (provate a chiedere 2mila euro di contributo per una mostra e vedrete cosa vi risponderanno).
Anche valutando la cosa dal punto di vista dell’immagine e del prestigio che si vuol costruire attorno ad un evento, ne vale veramente la pena? Non stiamo buttando all’aria dei quattrini pagando un costo-opportunità troppo elevato?

E se Wikileaks intercettasse il mondo dell’arte italiano?

Da qualche giorno mi chiedo cosa succederebbe se Wikileaks intercettasse il mondo dell’arte del nostro Paese. Ne uscirebbe un casino, ma anche – finalmente – una mappa senza veli delle nostre cattivissime abitudini.
Scopriremmo direttori di museo marchettari e spesso servi di gallerie potenti. Curatori attenti ad anteporre il proprio nome (ed il proprio ego) a quello degli artisti e dell’arte. Politici che raccomandano persone irraccomandabili. Collezionisti che comprano solo in nero. Galleristi incazzati perché non pagati. Artisti vessati da galleristi avidi e curatori insensibili. E poi rivalità stupide, mancanza di collaborazioni e tutto quello che fa della nostra nazione un paese di serie B.
Fin qua niente di nuovo, sono cose che succedono a tutte le latitudini, solo che da noi con frequenza insostenibile. Ma una cosa, forse, emergerebbe più delle altre dal nostro sistema: la totale mancanza di sincerità. Ad ogni livello, tutti a parlar bene di tutti: guai a criticare la mostra, l’artista o il curatore. Le opere o i testi o le mostre sono sempre interessanti o stimolanti; mai belli o brutti, mal riusciti o pretenziosi. O se proprio proprio fanno ribrezzo allora non convincono.
Scopriremmo così con Wikileaks il mare di bugie che si dicono che ci tengono prigionieri in questo continuo bla bla, in cui solo pochi hanno l’intelligenza di dire con sincera onestà quello che pensano. Cosa che ci porterebbe forse un passo più indietro del baratro in cui ci siamo da soli confinati.
Assange, ci pensi tu?

La cultura e la pochezza della sinistra

“Il sistema europeo, che considera la cultura un bene collettivo da valorizzare, è l’unico adatto a questo continente. I partiti della sinistra europea dovrebbero adoperarsi per mantenere i valori dello stato sociale, che però, viste le difficoltà della situazione odierna e la forte concorrenza dei paesi emergenti, può essere difeso solo in modo nuovo rispetto al passato. Mi sembra tuttavia che la sinistra non sia sorretta da un pensiero sufficiente a una realizzazione tanto complessa”.

Maurizio Pollini, La Repubblica, 3 dicembre 2010

Sgarbi presenta la Biennale dei Mille

Diamo atto a Sgarbi che dopo tante baggianate e comparsate televisive qualcosa di buono riesce a dirlo sulla sua prossima Biennale affidategli dal ministro-poeta Sandro Bondi.
“Io voglio riattivare quel rapporto tra intellettuali e arte che si è interrotto ai tempi di Moravia, Pasolini o Sciascia”, dichiara infatti lo storico dell’arte ferrarese. Cosa di cui abbiamo gran bisogno dato che il contemporaneo è spesso esiliato in una nicchia scomoda e asettica. “Il mio compito sarà indicare il punto di vista delle 200 persone dotate di miglior pensiero in Italia e all’estero. In Italia soprattutto, esistono stimabili intellettuali, come Arbasino, Ceronetti, Eco, Colombo o Scalfari, che si pronunciano o si sono pronunciati su varie discipline, dal cinema al teatro alla letteratura ma non sulle arti visive”. Uomini di grande cultura, ma anche età avanzatissima e tutti con una formazione letteraria (perché ad esempio non scegliere pure musicisti, scienziati o di economisti?), che non è detto che abbiano qualcosa da dire, ma il gioco potrebbe valere la candela se vogliamo togliere l’arte dagli eccessi autoreferenziali degli addetti ai lavori. Insomma, non ci resta che vedere se sarà una mostra tutta chiacchiere e distintivo oppure qualcosa di diverso.
Di certo Sgarbi vuole “spossessarsi della dimensione curatoriale”.
Fa ridere però l’idea di affiancare al padiglione lagunare una selezione di mille artisti su base regionale da esporre diffusamente in Italia: evidentemente l’arte, nell’idea di Sgarbi, è come il vino, l’olio e i formaggi e le tradizioni locali. E poi dove si trovano mille artisti bravi?
Ho come l’impressione che un po’ piangeremo e un po’ rideremo…