Categoria: politica

Berlusconi e l’estetica del meretricio

Labbrone alla Duffy Duck. Occhi da Bambi. Zigomi da Barbie. Corpo manga superpettoruto alla Ruko Tatase. Sono donne da fumetto quelle che circondano il nostro Presidente del Consiglio (l’indomito homo erectus) e l’infinita schiera dei suoi lacchè, cicisbei e quaquaraquà. Donne dalle forme forzatamente televisive, tronfie ed ampollose di plastica, gonfie innaturalmente che al confronto Orlan è una dilettante di primo pelo.
L’immaginario erotico suo e dei suoi amici è davvero a buon mercato. O meglio da ipermercato di periferia dove tutto è standard e colorato, noiosamente dello stesso sapore, da consumatori fast & furious senza idee né attenzioni. Mai una donna non perfetta, mai una rotondetta, mai una donna con le gambe storte, i seni asciutti o qualche pelo inguinale sfuggito all’estetista. Mai una che non si faccia fare quello che vuole il capo. Modello fammituttobastachepaghi: Belladonna regina del porno docet. Sono cioè prostitute vitaminizzate e gommose fatte con lo stampo, che possono solo piacere a uomini di poco conto e poca fantasia. A vecchioni autoproclamatosi dèi per eccesso di viagra.
E’ un estetica del puttanaggio da lusso che vale da tre soldi, in cui maschi vomitevoli cercano orifizi circondati di chirurgia e carne solo per un autoaffermativo e compulsivo spingispingi, senza alcuna relazione umana che non sia quella dell’ejaculo ergo sum. E le donne (donne?) sono ridotte ad essere schiave di estetiste, parrucchiere, chirurghi, riviste glamourose, soldi, mondo del fashion e tutto quello che semplicemente fa il vomito.
Ridateci Via del Campo.

Gli auguri di Napolitano e la meglio gioventù

Ho ascoltato in auto il discorso di fine anno del presidente Napolitano, nella modalità cioè migliore per concentrarsi sulle parole, sulla voce, senza perdersi nelle visioni della bandiera, del solito tavolo baroccone e della scenografia istituzionale d’occorrenza che si vede per televisione. Un discorso chiaro, con l’aplomb di un uomo delle istituzioni di una certa età, e non certo un giro di parole a vuoto.
Mi ha colpito il costante riferimento alla condizione giovanile, al fatto che la democrazia sia “in scacco” se non si danno ai giovani lavoro e possibilità di espressione. Ma ho apprezzato anche l’invito a continuare a credere in questo paese, cose che personalmente non riesco più fare, pur impegnandomi quotidianamente come se un miracolo fosse possibile.
Eppure questa è la condizione che condivido con milioni di persone, con la parte più sensibile – e forse la migliore – del paese. Uno stato di rassegnazione da “fai quello che devi, accada quello che può” che sta davvero stretta. Avremmo davvero bisogno di spaccare il mondo ed invece ci tocca fare i filosofi da tre soldi che si accontentano del compitino quotidiano. Presidente, ce la faremo?

Il capodanno di Bondi

Sandrino Bondi, a sentire gli articoli usciti oggi sui quotidiani di destra e sinistra (dal Il Giornale a La Repubblica), starebbe pensando alle dimissioni. Dispiace che abbia aspettato tanto al fatidico momento, dopo – in ordine sparso ed incompleto – svariate brutte figure: i fondi alla cultura tagliati con la motosega; le assunzioni di amici o loro figli o ex mariti delle concubine; i premi ad attricette bulgare maitresse di bordello (non è difficile immaginare da chi frequentati) pagati con i soldi del ministero; il mancato ripristino del fondo del Fus ai livelli dello scorso anno come pubblicamente promesso, mentre, checché se ne dica, dei crolli pompeiani – poverino lui – non ha responsabilità diretta. Spero insomma che, per tutti questi motivi, la sua scelta sia imminente ed ir-re-vo-ca-bi-le.
Anche perché, nel caso in cui avesse invece esito positivo la mozione di sfiducia che si troverebbe in parlamento a gennaio, a quel punto la sua posizione potrebbe mettere pure in difficoltà l’esecutivo, che già di suo boccheggia. Suvvia caro Ministro, si spicci, che poi il lavoro non gli manca come coordinatore del Pidielle.
E poi c’è San Silvestro. Vuol mettere il piacere di trovarsi senza patemi il 31 sera a fare a gara di rutti a casa Bossi o distrarsi con un po’ di ars palpandi cum diciottenibus ad Arcore? La prego, ci dia motivi per attendere svegli l’anno nuovo e magari sparare qualche fuoco d’artificio. Sarebbe il primo bengala che compro in tutta la mia vita.

L’Ara Pacis con auto, Cranach su internet

La crisi economica morde le istituzioni culturali non solo qui da noi, ma in tutta Europa. Ma reagire è possibile: l’unica vera sconfitta di fronte alle difficoltà è l’immobilismo (condizione esasperante che sappiamo caratteristica dell’Italia).
E così mentre, malamente, da noi un soprintendente come Umberto Broccoli affitta la teca dell’Ara Pacis ad un (amico) costruttore di automobili elettriche – causando reazioni a catena dal sindaco della capitale Alemanno all’assessore Croppi che fingono di non sapere – i cugini transalpini ci danno l’ennesima lezione di come sia possibile far fronte alle necessità economiche con una modalità trasparente e che ha il vantaggio di responsabilizzare i cittadini.
La direzione del Louvre infatti, che stava trattando l’acquisto da un privato di un olio di Lucas Cranach il Giovane che rappresenta le Tre Grazie, avendo a disposizione solo 3 dei 4 milioni necessari per l’opera ha aperto una sottoscrizione pubblica con un sito internet che, in poco più di un mese, ha permesso di raccogliere i quattrini che mancavano. Numerosi le adesioni, con cifre ovviamente molto differenti e secondo le tasche, ma circa un quarto dei sottoscrittori ha offerto 50€, come ha anticipato Le Monde.
Ricetta semplice, economicamente democratica perché permette di contribuire in base alla propria condizione, moderna perché usa uno strumento come internet che, una volta in più, si dimostra in grado di sviluppare dinamiche partecipative di grande importanza.
Chapeau. Ci proviamo anche noi?

Letterina di natale di Bondi agli ex compagni


Per una volta mi esprimerò in rima
per raccontare tutta la mia stima
per il ministro dei Beni Culturali Sandro Bondi,
che, pur poeta, alla cultura taglia i fondi.
Dovete sapere che il sommo di buona mattina
ha deciso di scrivere agli ex amici una letterina,
temendo di essere da questi sfiduciato
per il suo ruolo ed il suo felice operato
(parlar di “operato” par forse eccessivo,
considerato che il suo è incarico elusivo:
d’altronde ci siamo accorti, non è una svista,
che lui è stato il ministro più assenteista.
Ma non è facile coordinare il Pidielle
o star dietro a Berlusca che va a pulzelle).
Fatto sta che sull’edizione odierna del Foglio
Bondi ha perso qual che restava del suo orgoglio
scrivendo agli ex compagni comunistoni
perché in Parlamento non facessero i cattivoni:
“Suvvia, cari amici con falce e martello nel cuore,
continuerete a perdere, a ricevere dolore.
Ma fate almeno la buona azione per natale
e votate la fiducia a me, ministro niente male.
Diversamente, non per me un`onta sarebbe
ma per voi villani che la proporrerebbe”
(scusate le sgrammaticature sopraffini
tutta colpa della riforma Gelmini).
Ma caro ministro, non ti vergogni?
Tu che sulla cultura ci fai i tuoi bisogni?
Tu che hai messo Sgarbi alla Biennale
e parenti con posizione ministeriale?

Fuoco e fiamme su Roma. Finalmente un po’ di realtà

Mi sono sempre stupito del fatto che, con la crisi economica, la grande disoccupazione, i tagli a molti settori centrali della vita dell’Italia decisi dal governo, il crollo di tutto il sistema paese (scuole, pubblica amministrazione, lavori pubblici, cultura eccetera eccetera), la gente se ne stesse anestetizzata a casa a guardare la tivù o passasse i sabati per negozi e centri commerciali.
Già da un paio di anni ho la sensazione che le persone vivano nel favoloso mondo dei polli, pieno fino all’orlo di merda spacciata per cioccolata. Trent’anni fa, con una simile situazione avremmo cercato di dar fuoco al parlamento e, alle manifestazioni, solo pochi politici avrebbero avuto il coraggio di presentarsi e parlare.
Ho avuto un fremito di piacere quando oggi, dopo le votazioni in parlamento con la fiducia comprata da Berlusconi, qualcuno abbia finito per incazzarsi ritenendo la cosa intollerabile. Il volto con cui si è presentata è quello – mai desiderabile – della violenza e del fuoco, ma finalmente la realtà bussa alla porta.

 

Invito su carta. Ma quanto ci costi?

Oggi la cassetta della posta mi regalava il piacere di ben otto inviti a mostre in gallerie ed istituzioni pubbliche. Il che, evidentemente, fa molto piacere. A differenza di quelli inviati per email (in cui gli aspetti fondamentali sono l’efficienza e la rapidità), gli inviti cartacei hanno un dannato fascino che ancora è inspiegabile, tanto più nell’epoca in cui viviamo, basata sulla telematica, sui mezzi virtuali o inconsistenti. Ma valutiamo l’operazione di invio cartaceo in un momento di tagli disumani alla cultura, il che, una volta di più, fa incazzare.
La spedizione del più grande degli inviti, ad esempio, costa € 1.40 ed è stata fatta dalla Regione Veneto – mi immagino a millecinquecento/duemila persone – come lettera normale (non cioè in modalità di recapito massivo). Il che fa una spesa che oscilla tra 2/3mila. A questi vanno aggiunti i costi di stampa, che è stata fatta in un non certo economico cartoncino.
Gli inviti delle gallerie (eccetto uno a 60 cent) mi sono stati mandati invece con Posta target e costano 31 centesimi, praticamente un inezia a confronto. Se gli inviti della mostra di Finzi fossero stati mandati con Posta target si sarebbero cioè risparmiati circa 1600-2100 euro. Una cifra considerevole, non tanto forse per il budget di questa mostra a Villa Contarini, quanto nel totale di un’amministrazione come la Regione Veneto (provate a chiedere 2mila euro di contributo per una mostra e vedrete cosa vi risponderanno).
Anche valutando la cosa dal punto di vista dell’immagine e del prestigio che si vuol costruire attorno ad un evento, ne vale veramente la pena? Non stiamo buttando all’aria dei quattrini pagando un costo-opportunità troppo elevato?

La cultura e la pochezza della sinistra

“Il sistema europeo, che considera la cultura un bene collettivo da valorizzare, è l’unico adatto a questo continente. I partiti della sinistra europea dovrebbero adoperarsi per mantenere i valori dello stato sociale, che però, viste le difficoltà della situazione odierna e la forte concorrenza dei paesi emergenti, può essere difeso solo in modo nuovo rispetto al passato. Mi sembra tuttavia che la sinistra non sia sorretta da un pensiero sufficiente a una realizzazione tanto complessa”.

Maurizio Pollini, La Repubblica, 3 dicembre 2010