Categoria: cultura

Cattelan, Hitler e Milano mangiata dai vermi

Ogni volta in cui Maurizione Cattelan fa qualcosa a Milano succede una polemica.
Qualche anno fa era capitato con i bambini impiccati e l’anziano che si era ferito nel tentativo di segare i rami d’albero a cui erano appesi i tre pupazzi. Ora invece l’artista padovano è vittima della censura preventiva dei funzionari che guai a prendersi una responsabilità, dei soliti politici benpensanti, ma anche della comunità ebraica che non vede di buon occhio i manifesti con Him, il piccolo Hitlerino che prega (e francamente non si capisce perché questa, che non è certo un’opera nazista, debba obbligatoriamente essere considerata offensiva o poco rispettosa). E settimana scorsa era stata polemica anche per le altre opere, come hanno ampiamente riferito i giornali.
Ad impressionare è il livello di moralismo e di provincialità che assedia la città e la classe produttiva, di funzionari e politici che una volta era la spina dorsale della “capitale morale” d’Italia. La città non solo ha difficoltà a produrre eventi culturali di spessore, ma non è nemmeno in grado di gestire l’esistente, il già visto, come sono le opere di Cattelan.
Milano è lo specchio fedele della decadenza culturale che ci attanaglia, quella per capirci che è si è generata e riprodotta dagli anni Ottanta in poi nel nostro Paese. Il resto sono solo tentativi di mostrare cose fashion per nascondere i vermi che si sono mangiati tutto il formaggio.

Quirino Principe e la difesa della cultura

In occasione del festival Comodamente ho avuto il piacere di conoscere e scambiare qualche parola con Quirino Principe, che conoscevo come un dei maggiori critici musicali italiani, solo da lettore, per il suo meraviglioso libro su Mahler e per gli articoli sul Domenicale del Sole.
A margine di un dibattito sulla musica (in cui ha spiegato che la polarità classica/leggera con cui siamo soliti classificare i brani va invece ricondotta a musica forte/debole, in base alla consistenza del pensiero che le ha prodotte), abbiamo discusso dello stato della cultura in Italia – davvero disarmante – e della necessità di porre un argine a quella che potremmo chiamare senza remore cultura bassa. La cultura bassa non è altro che chiacchiere e marketing serviti in maniera furba e al passo coi tempi per sembrare cultura. Si tratta cioè di una psuedocultura da intrattenimento costante, se non proprio di una controcultura pensata per distrarre le persone dalle attività di pensiero, visto il posto smisurato che occupa nel nostro paese (la “p” è minuscola per scelta).
I responsabili? La P2, la Chiesa, i politici di ogni parte e gli intellettuali minchioni della sinistra che non hanno quasi mai combattuto per fare della cultura un fatto popolare. Sono rimasto letteralmente impressionato dalla coincidenza della diagnosi di Principe con la mia, ma anche dal guizzo luciferino con cui mi ha consigliato di “spargere veleno” nei miei pensieri, nelle mie riflessioni, nelle mie parole. La battaglia, forse, non è ancora persa del tutto.

Michelangelo intimo merita una mostra?

Si è fatto nei giorni scorsi un gran parlare nelle pagine culturali dei giornali della mostra senese con le carte private di Michelangelo (la mostra si intitola La vita di Michelangelo. Carte, poesie, lettere e disegni autografi). Si tratta di una mostra che analizza il lato intimo, non pubblico, e non necessariamente in relazione con la sua ricerca artistica.
Di Michelangelo infatti in mostra il visitatore trova le sue corrispondenze con amici e familiari, con l’aggiunta di qualche disegno. Materiale cioè di una certa complessità biografica e probabilmente destinato ai soli esperti, dato che il grande pubblico difficilmente ha il grado di conoscenza tale per inerpicarsi nel terreno in cui si avventurano storici e addetti ai lavori.
Cui prodest? A mio avviso una mostra di questo tipo non andava fatta e sarebbe bastato un bel libro. Nella pratica si vende il nome “Michelangelo” senza poi preoccuparsi che il prodotto sia realmente formidabile e a portata del pubblico. Avrei invece preferito opere o solo disegni, magari con un punto di vista forte su uno dei più grandi artisti della storia. Invece sono solo soldi buttati per fare una mostra sulla coda lunga del mito.

A Nitsch “il sanguinario” negata la cittadinanza onoraria

E’ il solito papocchio all’italiana, e come sempre facciamo la figura dei deficienti. La trama in sintesi è questa.
In occasione dell’Asolo Art Film Festival viene organizzata nella cittadina trevigiana una mostra di Hermann Nitsch, annunciata alla stampa a luglio. Qualche giorno prima dell’inaugurazione della mostra il sindaco propone ed ottiene in giunta il conferimento della cittadinanza onoraria all’artista austriaco, che tra l’altro è spesso ospite ad Asolo in occasione dei suoi viaggi.
La settimana della vernice compaiono però in città manifesti contro Nitsch e scoppia la polemica sull’autore, fomentata dagli animalisti, mentre i soliti geni della Lega – al governo in città in coalizione – scoprono allora il tipo di arte che fa l’arzillo e barbuto vecchietto. In consiglio comunale si scopre allora che sono tutti contrari a dare il titolo al “sanguinario” Hermann (anche quelli di sinistra ovviamente), così per qualche giorno il sindaco traballa finché è costretto a fare marcia indietro.
In questo frangente politico la piazza, vera pancia della Lega, ha sempre ragione (e non solo al nord e nella politica locale), anche quando a battere i pugni sul tavolo sono i soliti animalisti oltranzisti ed ignoranti. La sinistra, anche nel piccolo di un comune come Asolo, perde ancora l’ennesima occasione per dire morettianamente qualcosa di sinistra.
Come sempre c’è da vergognarsi. Anche perché la mostra che avrebbe dovuto celebrare il grande Nitsch è piuttosto mediocre. Evviva.

La Biennale sarà Carol Rama e padiglioni regionali?

Ieri il commissario Vittorio Sgarbi ha anticipato quello che potrebbe essere il suo padiglione italiano. La scelta, come sempre capita con lui, è assolutamente inaspettata e fuori di ogni logica che non sia quella della follia momentanea di un arteriosclerotico precoce. Sgarbi infatti ha espresso in una conferenza stampa che vuole una Biennale con due progetti: una personale di Carol Rama, con lavori dell’ultimo decennio dell’artista, ed una sezione a base regionale.
Se così fosse sarebbe l’ennesima occasione buttata al vento. E’ infatti inaudito che, con tutti i giovani e i maturi artisti italiani che avrebbero bisogno di visibilità internazionale e di conferma critica, lui voglia dare attenzione ad un’artista assolutamente brava ma che ormai non ha più la possibilità di incidere sul nostro tempo. Carol Rama è storia storicizzata, come testimonia il suo Leone d’Oro alla carriera del 2004.
Per quanto riguarda la presenza regionale devo dire che ricorda molto l’agroalimentare, settore in cui noi italiani stiamo diventando maestri. Evidentemente per Sgarbi l’arte è frutto del territorio, come il vino, i formaggi o gli insaccati di maiale. Oink oink.

Sgarbi, la Pornostar e la Vecchia

Sì lo so, il titolo è fuorviante. Non stiamo parlando di film spingi-spingi per gerontofili incalliti, cosa che sarebbe tra l’altro ben più interessante e dignitosa (ve la immaginereste una produzione internescional Mr.Vittorio, a pornstar and the granny?).
Ci riferiamo invece ad un sopraintendente vulcanico nella sua caligoliana follia, che – alla ricerca della costante visibilità tanto quanto un eroinomane della polvere da iniettarsi – non trova di meglio da fare che invitare una pornostar alla vernice di una mostra (per fare “un tableau vivant”, come lui stesso ha spiegato). E che per di più si fa fotografare con lei ed il ritratto della vecchia del Giorgione, sproloquiando di come questo sia un buon modo per attirare persone a vedere l’esposizione (leggete qui). Cioè la gente verrebbe al museo per vedere la pettoruta boccadirosa piazzata a fianco uno dei capolavori dell’arte di tutti i tempi.
Chapeau, Vittorio. Sei proprio un genio. Quand’è che ti ispiri pure a Piero Manzoni e ci fai vedere una bella merda di soprintendente?

91milioni di evasione. Beccati gli Orler, re delle televendite

Qualche gallerista di sicuro si sarà fregato le mani per la felicità. Si sà, l’avversità, o meglio sarebbe dire l’odio, per i colleghi delle televendite (rei, come le case d’aste, “di turbare i prezzi, di non curarsi più di tanto del rapporto con gli artisti e di fare troppo i commercianti”) non è proprio cosa di poco conto.
Fatto sta che la Guardia di Finanza di Venezia ha accertato un’evasione di 91milioni di euro – sì, novantuno! – da parte di una casa d’aste che fa televendite di cui non è stato reso noto il nome. Si tratta di Orler, l’azienda di Favaro Veneto nota ai telespettatori nottambuli curiosi d’arte per i volti di Carlo Vanoni e Dario Olivi (che risultano estranei ai fatti). A questo si aggiungono poi 55 milioni di Irap e 18 milioni di euro per Iva non versata, il che fa capire quale fosse il vorticoso giro di affari dell’azienda.
Dopo aver beccato i ricconi di Orler, chissà se la GDF si occuperà delle molte altre gallerie che – bisogna ammetterlo – fanno quasi tutto a nero. Le piccole per i pochi soldi che girano, le grandi per cifre importanti. D’altronde molta dell’arte commercializzata in Italia serve per pulire i soldi che i collezionisti evadono, il che è sempre meglio per il sistema che mettere i quattrini in Svizzera. E state sicuri che per regolarizzare la cosa non basterebbe certo l’Iva al 4% come da più parti si chiede.

E Giorgione si mangia tutti i soldi dei giovani

Si sa che il ferro va battuto fino a quando è caldo, come recita il vecchio adagio. E d’altro canto la mostra di Giorgione è stato un successo a Castelfranco Veneto questa primavera, con code di visitatori interessati a vedere i suoi dipinti nel rinnovato museo della sua città. Nel frattempo si è messa in moto un po’ di economia, un po’ di flash sui politici che hanno cavalcato l’onda, e poi sicuramente qualcuno avrà raccolto un po’ di stimoli.

Appuna passato qualche mese che un anche Padova, la città che conserva due tavolette del Zorzon, avrà la sua mostra sul maestro veneto presso il Museo degli Eremitani. Il pretesto è una nuova interpretazione della celeberrima Tempesta, della quale si propone una lettura differente e nuova rispetto alla tradizione. Il che, a nostro avviso, considerato che sono passati solo quattro mesi dalla chiusura dell’esposizione precedente, ci pare assolutamente esagerato e fuori luogo. Fuori luogo perché la mostra è a meno di cinquanta chilometri di distanza dalla precedente, ed esagerato perché per una proposta scientifica di questo tipo sarebbe bastato un convegno.
Il costo opportunità di questa mostra è poi elevatissimo. Cosa si poteva fare con tutti quei quattrini – che proprio pochi non sono – per restaurare altre opere antiche o sostenere i giovani artisti emergenti? E invece no, siamo solo in grado di fare celebrazioni di morti celebri (il 2010 è il cinquecentenario della morte). Di costruire il futuro non c’è proprio voglia.