Categoria: cultura

Berlusconi e l’estetica del meretricio

Labbrone alla Duffy Duck. Occhi da Bambi. Zigomi da Barbie. Corpo manga superpettoruto alla Ruko Tatase. Sono donne da fumetto quelle che circondano il nostro Presidente del Consiglio (l’indomito homo erectus) e l’infinita schiera dei suoi lacchè, cicisbei e quaquaraquà. Donne dalle forme forzatamente televisive, tronfie ed ampollose di plastica, gonfie innaturalmente che al confronto Orlan è una dilettante di primo pelo.
L’immaginario erotico suo e dei suoi amici è davvero a buon mercato. O meglio da ipermercato di periferia dove tutto è standard e colorato, noiosamente dello stesso sapore, da consumatori fast & furious senza idee né attenzioni. Mai una donna non perfetta, mai una rotondetta, mai una donna con le gambe storte, i seni asciutti o qualche pelo inguinale sfuggito all’estetista. Mai una che non si faccia fare quello che vuole il capo. Modello fammituttobastachepaghi: Belladonna regina del porno docet. Sono cioè prostitute vitaminizzate e gommose fatte con lo stampo, che possono solo piacere a uomini di poco conto e poca fantasia. A vecchioni autoproclamatosi dèi per eccesso di viagra.
E’ un estetica del puttanaggio da lusso che vale da tre soldi, in cui maschi vomitevoli cercano orifizi circondati di chirurgia e carne solo per un autoaffermativo e compulsivo spingispingi, senza alcuna relazione umana che non sia quella dell’ejaculo ergo sum. E le donne (donne?) sono ridotte ad essere schiave di estetiste, parrucchiere, chirurghi, riviste glamourose, soldi, mondo del fashion e tutto quello che semplicemente fa il vomito.
Ridateci Via del Campo.

Note a pie pagina. E il piacere di leggere?

Ho decine di libri da leggere. Molti, troppi, se considero che molti sono dei saggi o cataloghi che sono avvincenti solo per i contenuti (o molto più spesso per le figure, per parodiare Warhol) e non per la forma. E poi, soprattutto, sono pochi quelli che ti mettono addosso un entusiasmo ed un voglia incredibile di andare avanti. Anzi, a volte il peso incombe ed un plumbeo torpore saggistico costringe a leggere con la calma e la pacatezza che ci si aspetta.
Inevitabilmente dover dimostrare qualcosa spinge gli autori a non volteggiare in area ma ad andare radenti al terreno, col culo basso. Ma dove sta il piacere di chi legge? Se penso solo alle mille ampollose note a pie pagina o a quelle di chiusura mi si inibisce l’erezione mentale per i prossimi anni. Sarà che avverto un’esigenza di scorrevolezza. Sarà che sono un lettore dromofilo [1] e spietato quando mi butto, ma inca(na)gliarmi nelle apoteosi citazioniste degli autori colti mi fa incazzare e poi mi deprime. Ecco sì, l’ho fatto anch’io [2].
C’è solo un autore che ha delle note incredibili. David Foster Wallace. Leggetevi le sue dissertazioni in Considera l’aragosta che fanno volare il lettore. Pindaro a confronto è un fottuto dilettante.


[1] Mi riferivo all’idea di dromologia di Virilio (qui il link).
[2] Mi è venuta l’idea balzana di razzolare male, a dispetto di quanto predicato. Spero almeno non siate corsi a leggere questa nota qui sotto.

Il capodanno di Bondi

Sandrino Bondi, a sentire gli articoli usciti oggi sui quotidiani di destra e sinistra (dal Il Giornale a La Repubblica), starebbe pensando alle dimissioni. Dispiace che abbia aspettato tanto al fatidico momento, dopo – in ordine sparso ed incompleto – svariate brutte figure: i fondi alla cultura tagliati con la motosega; le assunzioni di amici o loro figli o ex mariti delle concubine; i premi ad attricette bulgare maitresse di bordello (non è difficile immaginare da chi frequentati) pagati con i soldi del ministero; il mancato ripristino del fondo del Fus ai livelli dello scorso anno come pubblicamente promesso, mentre, checché se ne dica, dei crolli pompeiani – poverino lui – non ha responsabilità diretta. Spero insomma che, per tutti questi motivi, la sua scelta sia imminente ed ir-re-vo-ca-bi-le.
Anche perché, nel caso in cui avesse invece esito positivo la mozione di sfiducia che si troverebbe in parlamento a gennaio, a quel punto la sua posizione potrebbe mettere pure in difficoltà l’esecutivo, che già di suo boccheggia. Suvvia caro Ministro, si spicci, che poi il lavoro non gli manca come coordinatore del Pidielle.
E poi c’è San Silvestro. Vuol mettere il piacere di trovarsi senza patemi il 31 sera a fare a gara di rutti a casa Bossi o distrarsi con un po’ di ars palpandi cum diciottenibus ad Arcore? La prego, ci dia motivi per attendere svegli l’anno nuovo e magari sparare qualche fuoco d’artificio. Sarebbe il primo bengala che compro in tutta la mia vita.

L’Ara Pacis con auto, Cranach su internet

La crisi economica morde le istituzioni culturali non solo qui da noi, ma in tutta Europa. Ma reagire è possibile: l’unica vera sconfitta di fronte alle difficoltà è l’immobilismo (condizione esasperante che sappiamo caratteristica dell’Italia).
E così mentre, malamente, da noi un soprintendente come Umberto Broccoli affitta la teca dell’Ara Pacis ad un (amico) costruttore di automobili elettriche – causando reazioni a catena dal sindaco della capitale Alemanno all’assessore Croppi che fingono di non sapere – i cugini transalpini ci danno l’ennesima lezione di come sia possibile far fronte alle necessità economiche con una modalità trasparente e che ha il vantaggio di responsabilizzare i cittadini.
La direzione del Louvre infatti, che stava trattando l’acquisto da un privato di un olio di Lucas Cranach il Giovane che rappresenta le Tre Grazie, avendo a disposizione solo 3 dei 4 milioni necessari per l’opera ha aperto una sottoscrizione pubblica con un sito internet che, in poco più di un mese, ha permesso di raccogliere i quattrini che mancavano. Numerosi le adesioni, con cifre ovviamente molto differenti e secondo le tasche, ma circa un quarto dei sottoscrittori ha offerto 50€, come ha anticipato Le Monde.
Ricetta semplice, economicamente democratica perché permette di contribuire in base alla propria condizione, moderna perché usa uno strumento come internet che, una volta in più, si dimostra in grado di sviluppare dinamiche partecipative di grande importanza.
Chapeau. Ci proviamo anche noi?

Letterina di natale di Bondi agli ex compagni


Per una volta mi esprimerò in rima
per raccontare tutta la mia stima
per il ministro dei Beni Culturali Sandro Bondi,
che, pur poeta, alla cultura taglia i fondi.
Dovete sapere che il sommo di buona mattina
ha deciso di scrivere agli ex amici una letterina,
temendo di essere da questi sfiduciato
per il suo ruolo ed il suo felice operato
(parlar di “operato” par forse eccessivo,
considerato che il suo è incarico elusivo:
d’altronde ci siamo accorti, non è una svista,
che lui è stato il ministro più assenteista.
Ma non è facile coordinare il Pidielle
o star dietro a Berlusca che va a pulzelle).
Fatto sta che sull’edizione odierna del Foglio
Bondi ha perso qual che restava del suo orgoglio
scrivendo agli ex compagni comunistoni
perché in Parlamento non facessero i cattivoni:
“Suvvia, cari amici con falce e martello nel cuore,
continuerete a perdere, a ricevere dolore.
Ma fate almeno la buona azione per natale
e votate la fiducia a me, ministro niente male.
Diversamente, non per me un`onta sarebbe
ma per voi villani che la proporrerebbe”
(scusate le sgrammaticature sopraffini
tutta colpa della riforma Gelmini).
Ma caro ministro, non ti vergogni?
Tu che sulla cultura ci fai i tuoi bisogni?
Tu che hai messo Sgarbi alla Biennale
e parenti con posizione ministeriale?

La cultura e la pochezza della sinistra

“Il sistema europeo, che considera la cultura un bene collettivo da valorizzare, è l’unico adatto a questo continente. I partiti della sinistra europea dovrebbero adoperarsi per mantenere i valori dello stato sociale, che però, viste le difficoltà della situazione odierna e la forte concorrenza dei paesi emergenti, può essere difeso solo in modo nuovo rispetto al passato. Mi sembra tuttavia che la sinistra non sia sorretta da un pensiero sufficiente a una realizzazione tanto complessa”.

Maurizio Pollini, La Repubblica, 3 dicembre 2010

Sgarbi presenta la Biennale dei Mille

Diamo atto a Sgarbi che dopo tante baggianate e comparsate televisive qualcosa di buono riesce a dirlo sulla sua prossima Biennale affidategli dal ministro-poeta Sandro Bondi.
“Io voglio riattivare quel rapporto tra intellettuali e arte che si è interrotto ai tempi di Moravia, Pasolini o Sciascia”, dichiara infatti lo storico dell’arte ferrarese. Cosa di cui abbiamo gran bisogno dato che il contemporaneo è spesso esiliato in una nicchia scomoda e asettica. “Il mio compito sarà indicare il punto di vista delle 200 persone dotate di miglior pensiero in Italia e all’estero. In Italia soprattutto, esistono stimabili intellettuali, come Arbasino, Ceronetti, Eco, Colombo o Scalfari, che si pronunciano o si sono pronunciati su varie discipline, dal cinema al teatro alla letteratura ma non sulle arti visive”. Uomini di grande cultura, ma anche età avanzatissima e tutti con una formazione letteraria (perché ad esempio non scegliere pure musicisti, scienziati o di economisti?), che non è detto che abbiano qualcosa da dire, ma il gioco potrebbe valere la candela se vogliamo togliere l’arte dagli eccessi autoreferenziali degli addetti ai lavori. Insomma, non ci resta che vedere se sarà una mostra tutta chiacchiere e distintivo oppure qualcosa di diverso.
Di certo Sgarbi vuole “spossessarsi della dimensione curatoriale”.
Fa ridere però l’idea di affiancare al padiglione lagunare una selezione di mille artisti su base regionale da esporre diffusamente in Italia: evidentemente l’arte, nell’idea di Sgarbi, è come il vino, l’olio e i formaggi e le tradizioni locali. E poi dove si trovano mille artisti bravi?
Ho come l’impressione che un po’ piangeremo e un po’ rideremo…

Murakami a Versailles. Dove sta lo scandalo?

In un articolo drastico uscito su Le Monde e ripreso dal Giornale del’Arte, Marc Fumaroli (autore del celebre Lo Stato culturale. Una religione moderna, Adelphi, 1993) critica senza riserve la mostra di Takashi Murakami ospitata nelle sale di Versailles, spiegando come sia l’Italia che la Francia giudichino il patrimonio culturale come di un giacimento da utilizzare secondo le mode e con gusto discutibile, quasi fosse una materia prima. In particolare, secondo l’accademico di Francia, la mostra di Murakami trasforma in Disneyland una delle sedi più conosciute dello stato francese sfalsando completamente l’idea del luogo, le sue finalità e ciò che artisticamente rappresenta. “Perché mettere sullo stesso piano un artista come François Morellet che, invitato al Louvre, studia lo spirito del palazzo e lo abbellisce, e un Koons o un Murakami dei quali ci si vorrebbe far credere che il loro Kitsch, trasferito a Versailles, dialoga con la pompa magna di Le Brun, Le Notre o Lemoyne? Non si tratta forse di fuorviare quello stesso pubblico che lo Stato avrebbe invece il compito di illuminare e istruire?”, scrive Fumaroli, avendo forse un po’ di ragione se si considera che la mostra di Murakami nasce in parte come un format e non come un progetto sviluppato per Versailles.
Ma alla fine Fumaroli dà il peggio di sé, spiegando che “l’arte cosiddetta contemporanea, che si ammanta di uno status completamente inventato per un mercato finanziario internazionale, non ha più niente in comune, né con tutto ciò che fino a oggi è stato definito arte, né con i veri artisti viventi”. Sembra infatti che per il vecchio professore francese l’arte contemporanea sia esclusivamente finanza, speculazione e mercato, non rendendosi conto che – oltre ai soliti fenomeni gagosiani da banca – esistono decine di altri bravi artisti che hanno concetti e linguaggio per dire, fare, sorprendere tanto più in un luogo stratificato dalla storia.
La sua è infatti una lettura superficiale, da chi guarda le aste e non ha studiato i contenuti. Non si accorge Fumaroli che il problema non è l’arte contemporanea in sé quanto il fatto che le istituzioni debbano proporre un programma culturale contemporaneo di livello?
E suvvia, svecchiamo questi luoghi e divertiamoci con Murakami, il quale – piaccia o non piaccia – è un artista e non un produttore di “giocattoli giapponesi”. E quanto meno ci si annoierà di meno in quel museo da letargia, sfarzo ed inutil pompa per la nobiltà annoiata di secoli fa, quale è la residenza della corte francese.