Autore: Daniele Capra

La polvere di Artefiera

C’era meno gente del solito ad Artefiera il giovedì dell’inaugurazione. Meno ressa del solito, il che non è necessariamente negativo. Meglio un pubblico più contenuto, ma attento e con in tasca buone intenzioni, che un’orda di barbari presenti solo per farsi vedere e fare il defilé.
Anche il venerdì è stato tranquillo, con poca gente – ma dove sono le scolaresche degli anni scorsi? – e più di qualcuno scontento, mentre altri hanno venduto. Ho visto anche uno stand con quasi tutti i lavori bollati (Atlantica, che ha presentato un solo show dell’interessante Andro Semeiko) che speriamo sia di buon auspicio per le altre gallerie. E comunque il sabato e la domenica i giochi posso davvero cambiare e prendere una buona piega.
Di certo c’è di sicuro l’aria secca e piena di polvere che rovina occhi e rende la gola come la carta vetrato. Non possiamo augurarci comunque che, per le gallerie ed artisti, sia polvere di stelle.

 

Morbin, Berlusconi e il fascismo che c’è in Me

Mesi fa ho assistito ad una performance di Giovanni Morbin in cui l’artista vicentino gira su se stesso seduto su di uno sgabello (opportunamente dotato di maniglie e di motore elettrico) mentre tenta di pronunciare la dichiarazione di guerra di Mussolini del 10 giugno 1940. Vestito di nero, con l’enfasi e la retorica del Duce, attacca con il celeberrimo “Combattenti di terra, di mare, e dell’aria!”. La velocità di rotazione lo mette però in difficoltà e quando Morbin cerca di mettersi in piedi, scendendo dallo sgabello, finisce per cadere a terra. A quel punto l’artista si risiede e ricomincia da capo con il discorso fino ad una nuova caduta. L’azione si ripete svariate volte, fino a quando egli riesce a correre verso una parete per tracciare con del gesso la “M” di Mussolini ed una piccola “e”. Me è appunto il titolo della performance, in cui l’artista in movimento evoca il bronzeo Profilo continuo (Testa di Mussolini) di Renato Bertelli, opera che è opportunamente presente nel luogo su di un piedistallo.
E’ un lavoro intenso e sinceramente politico, non tanto su quella che è l’eredità del Ventennio, ma su quelle cause antropologiche che lo hanno prodotto, e che certo non sono state estirpate fino alle radici da cinquant’anni di democrazia. Anzi, dalla fine degli Anni Settanta, i tuberi del fascismo sono stati sapientemente innaffiati senza dare nell’occhio, come dimostrano ormai senza pudore i politici per l’arroganza e la cialtroneria, le persone comuni per l’ignoranza e un po’ tutti per la volgarità.
Mi fa paura pensare che abitino nel mio corpo e attorno a me i germi del fascismo, delle braci mai sopite che parevano cenere. Benché critico e fieramente in opposizione a questo fetido ritorno, ad un fascismo nascosto ma dilagante, ho paura di tutti gli anni di feccia berlusconiana che ho succhiato inconsapevolmente sin dalla mia infanzia. E non so se la bellezza ci salverà.

Berlusconi e l’estetica del meretricio

Labbrone alla Duffy Duck. Occhi da Bambi. Zigomi da Barbie. Corpo manga superpettoruto alla Ruko Tatase. Sono donne da fumetto quelle che circondano il nostro Presidente del Consiglio (l’indomito homo erectus) e l’infinita schiera dei suoi lacchè, cicisbei e quaquaraquà. Donne dalle forme forzatamente televisive, tronfie ed ampollose di plastica, gonfie innaturalmente che al confronto Orlan è una dilettante di primo pelo.
L’immaginario erotico suo e dei suoi amici è davvero a buon mercato. O meglio da ipermercato di periferia dove tutto è standard e colorato, noiosamente dello stesso sapore, da consumatori fast & furious senza idee né attenzioni. Mai una donna non perfetta, mai una rotondetta, mai una donna con le gambe storte, i seni asciutti o qualche pelo inguinale sfuggito all’estetista. Mai una che non si faccia fare quello che vuole il capo. Modello fammituttobastachepaghi: Belladonna regina del porno docet. Sono cioè prostitute vitaminizzate e gommose fatte con lo stampo, che possono solo piacere a uomini di poco conto e poca fantasia. A vecchioni autoproclamatosi dèi per eccesso di viagra.
E’ un estetica del puttanaggio da lusso che vale da tre soldi, in cui maschi vomitevoli cercano orifizi circondati di chirurgia e carne solo per un autoaffermativo e compulsivo spingispingi, senza alcuna relazione umana che non sia quella dell’ejaculo ergo sum. E le donne (donne?) sono ridotte ad essere schiave di estetiste, parrucchiere, chirurghi, riviste glamourose, soldi, mondo del fashion e tutto quello che semplicemente fa il vomito.
Ridateci Via del Campo.

Note a pie pagina. E il piacere di leggere?

Ho decine di libri da leggere. Molti, troppi, se considero che molti sono dei saggi o cataloghi che sono avvincenti solo per i contenuti (o molto più spesso per le figure, per parodiare Warhol) e non per la forma. E poi, soprattutto, sono pochi quelli che ti mettono addosso un entusiasmo ed un voglia incredibile di andare avanti. Anzi, a volte il peso incombe ed un plumbeo torpore saggistico costringe a leggere con la calma e la pacatezza che ci si aspetta.
Inevitabilmente dover dimostrare qualcosa spinge gli autori a non volteggiare in area ma ad andare radenti al terreno, col culo basso. Ma dove sta il piacere di chi legge? Se penso solo alle mille ampollose note a pie pagina o a quelle di chiusura mi si inibisce l’erezione mentale per i prossimi anni. Sarà che avverto un’esigenza di scorrevolezza. Sarà che sono un lettore dromofilo [1] e spietato quando mi butto, ma inca(na)gliarmi nelle apoteosi citazioniste degli autori colti mi fa incazzare e poi mi deprime. Ecco sì, l’ho fatto anch’io [2].
C’è solo un autore che ha delle note incredibili. David Foster Wallace. Leggetevi le sue dissertazioni in Considera l’aragosta che fanno volare il lettore. Pindaro a confronto è un fottuto dilettante.


[1] Mi riferivo all’idea di dromologia di Virilio (qui il link).
[2] Mi è venuta l’idea balzana di razzolare male, a dispetto di quanto predicato. Spero almeno non siate corsi a leggere questa nota qui sotto.

Provaci ancora Hirst

Svariati quotidiani italiani hanno rilanciato la notizia, uscita sui giornali inglesi, circa la mostra che inaugurerà la sede di Hong Kong di Gagosian, la multinazionale del contemporaneo per collezionisti facoltosi e lussuosamente trendy. Protagonista della mostra sarà Damien Hirst, del quale sarà esposto anche For Heaven’s Sake, ottocentesco cranietto di bambino tempestato di diamanti. Le notizie precisano che l’opera, realizzata su un autentico cranio comprato ad un’asta dall’artista inglese, è del 2008.
Tutta l’operazione però sembra ricalcare – se ce ne fosse ancora bisogno – il medesimo gioco messo a punto per For the Love of God, il primo esempio di impianto di pietre su scheletro che tanto ha fatto parlare di sé. Lo schema è sempre lo stesso: fare scandalo senza contenuti, o, meglio, fregandosene dei contenuti. Perché di sicuro Hirst non è uno sprovveduto e nemmeno un improvvisato, solo che ha deciso di tirare a campare facendo il divo e forse un po’ troppo lo strafottente.
Certo che però il riciclo di idee sta bene nel campo della sostenibilità e dell’ambiente, non certo in quello artistico, tanto più tra coloro che si atteggiano a épater le bourgeois. Mammia che noia. Provaci ancora Diamine Hirst!

La Kodachrome va in pensione. Ma il vintage trionfa…

Quotidiani e siti web hanno raccontato nei giorni di fine anno del laboratorio statunitense che ha sviluppato gli ultimi rulli di Kodachrome. Pochi lo hanno detto, ma la pellicola è di genere invertibile, produce cioè un immagine positiva (con gli stessi colori del soggetto fotografato), che viene utilizzato per lo più per le diapositive ed è stata in passato utilizzata anche nel cinema. Era cioè un prodotto di nicchia, perlopiù di uso professionale, entrato nella storia ma ormai non più tanto utilizzato come nel passato. Stessa sorte era capitata un paio di anni fa con la Polaroid, mandata in pensione per gli stessi motivi: il mondo è cambiato.
Entrambe sono entrate nella storia del costume, ma ciononostante non sono mancati gli appunti dei nostalgici (come questo su La Stampa) che, nel campo delle tecnologie novecentesche, abbondano. Se il vintage tecnologico è diventato un mania curiosa – ciascuno ha il diritto di dilettarsi come vuole – trovo davvero incomprensibile che vi siano persone che possano rimpiangere i complicati ed incasinati dispositivi del secolo scorso low fi, misteriosi portatori di non so quale fascino o autenticità.
E comunque sono sicuro che molti di questi trendissimi passatisti da estetica vintage hanno la pagina Facebook o hanno comprato il loro oggettino su Ebay. Alla faccia del meraviglioso passato.

Gli auguri di Napolitano e la meglio gioventù

Ho ascoltato in auto il discorso di fine anno del presidente Napolitano, nella modalità cioè migliore per concentrarsi sulle parole, sulla voce, senza perdersi nelle visioni della bandiera, del solito tavolo baroccone e della scenografia istituzionale d’occorrenza che si vede per televisione. Un discorso chiaro, con l’aplomb di un uomo delle istituzioni di una certa età, e non certo un giro di parole a vuoto.
Mi ha colpito il costante riferimento alla condizione giovanile, al fatto che la democrazia sia “in scacco” se non si danno ai giovani lavoro e possibilità di espressione. Ma ho apprezzato anche l’invito a continuare a credere in questo paese, cose che personalmente non riesco più fare, pur impegnandomi quotidianamente come se un miracolo fosse possibile.
Eppure questa è la condizione che condivido con milioni di persone, con la parte più sensibile – e forse la migliore – del paese. Uno stato di rassegnazione da “fai quello che devi, accada quello che può” che sta davvero stretta. Avremmo davvero bisogno di spaccare il mondo ed invece ci tocca fare i filosofi da tre soldi che si accontentano del compitino quotidiano. Presidente, ce la faremo?

Il capodanno di Bondi

Sandrino Bondi, a sentire gli articoli usciti oggi sui quotidiani di destra e sinistra (dal Il Giornale a La Repubblica), starebbe pensando alle dimissioni. Dispiace che abbia aspettato tanto al fatidico momento, dopo – in ordine sparso ed incompleto – svariate brutte figure: i fondi alla cultura tagliati con la motosega; le assunzioni di amici o loro figli o ex mariti delle concubine; i premi ad attricette bulgare maitresse di bordello (non è difficile immaginare da chi frequentati) pagati con i soldi del ministero; il mancato ripristino del fondo del Fus ai livelli dello scorso anno come pubblicamente promesso, mentre, checché se ne dica, dei crolli pompeiani – poverino lui – non ha responsabilità diretta. Spero insomma che, per tutti questi motivi, la sua scelta sia imminente ed ir-re-vo-ca-bi-le.
Anche perché, nel caso in cui avesse invece esito positivo la mozione di sfiducia che si troverebbe in parlamento a gennaio, a quel punto la sua posizione potrebbe mettere pure in difficoltà l’esecutivo, che già di suo boccheggia. Suvvia caro Ministro, si spicci, che poi il lavoro non gli manca come coordinatore del Pidielle.
E poi c’è San Silvestro. Vuol mettere il piacere di trovarsi senza patemi il 31 sera a fare a gara di rutti a casa Bossi o distrarsi con un po’ di ars palpandi cum diciottenibus ad Arcore? La prego, ci dia motivi per attendere svegli l’anno nuovo e magari sparare qualche fuoco d’artificio. Sarebbe il primo bengala che compro in tutta la mia vita.