Come sempre a fare una figura di culo noi italiani ci mettiamo tutto il nostro impegno, tanto più nelle situazioni importanti. E così la soap Sgarbi & il Padiglione Italia ha ormai non solo abbondantemente sorpassato il numero di puntate delle telenovelas sudamericane, ma soprattutto ha frantumato gli zebedei di qualsiasi persona di buon senso che lavori nel sistema dell’arte o nel settore della cultura.
Il ricatto dello storico ferrarese verso il Ministro della Cultura attuale – che pare al momento meno servizievole dello slave Sandro Bondi – ma sopratutto verso tutti noi, “o mi fate diventare soprintendente o mi dimetto da responsabile del Padiglione Italia” è intollerabile in un paese civile, in cui le regole valgono per tutti, anche i prepotenti e gli sbruffoni. Evidentemente però il nostro paese civile non è. E d’altronde in quale altra nazione avrebbe potuto essere credibile come curatore di arte contemporanea un narciso incazzoso che fa i giochini di potere e ricatta i politici?
Allo stato attuale pare di capire che le dimissioni siano state solo minacciate – pratica frequentissima da noi, solo per fare un polverone e guadagnare visibilità – per poi non essere formalizzate nelle sedi competenti. Di certo, qualunque sia l’esito, Sgarbi può solo vergognarsi per la figura che ha fatto. E, mentre il mondo si prepara al meglio per la mostra con più visibilità al mondo, si vergognino anche coloro che sono ancora disposti a sostenerlo, nonostante tutto.
Poveri noi.
Autore: Daniele Capra
Casino Biennale
Casino. Approssimazione. Ma anche disorganizzazione. Non ci sono altri modi per raccontare la situazione per le sezioni del Padiglione Italia che avranno base regionale. Sono stato contattato ormai da una decina di artisti veneti che non sanno cosa fare e nemmeno cosa faranno, poiché ad un mese e mezzo dalla mostra – ricordiamolo: è pur sempre la Biennale di Venezia e non la Sagra del Gnocco – non hanno alcuna informazione in merito.
Che opere devo portare? quanto spazio ho? Che catalogo ci sarà? Chi seguirà la mostra e gli allestimenti? Zero, niente informazioni. L’unica sicurezza è l’ambientazione a Villa Contarini a Piazzola sul Brenta, mentre pare che il catalogo sarà diviso in tre tomi (nord, centro e sud Italia).
Penso che in questa bolgia pensata da Sgarbi convenga disertare, non tanto come gesto politico, ma perché l’arte è un lavoro serio, non un mestiere da cazzari. E poi, a cosa serve avere una riga in più per la Biennale più incasinata del mondo dove non si capisce nemmeno quale sia il progetto? In confronto – per il momento dal punto di vista organizzativo, poi per la qualità si vedrà – quella di Beatrice&Buscaroli era da oscar.
Rilasciate Ai Weiwei
Di sicuro ci sono artisti, intellettuali o attivisti politici meno famosi e quindi più sfortunati da difendere, in Cina come in qualsiasi altro paese. Però risulta ugualmente raccapricciante che la potenza asiatica abbia di fatto arrestato Ai Weiwei, che il grande pubblico ha conosciuto per la grande installazione alla Tate realizzata con milioni di semi di ceramica dipinta, ma soprattutto artista attivissimo anche politicamente. Non vi è sua notizia da quando la polizia lo ha arrestato lo scorso 3 aprile all’imbarco dell’aeroporto di Pechino. Nei giorni successivi sono scomparsi anche alcuni degli assistenti del suo studio.
Il Guggenheim ha lanciato un pubblico appello alle autorità cinesi per il rilascio dell’artista che si può sottoscrivere (lo trovate qui). Firmiamo, la nostra voce può essere d’aiuto a lui e agli altri attivisti. Non facciamo come L’UE o i governi dei singoli stati – compreso il nostro – che stanno a guardare per non disturbare il governo cinese.
MiArt depressione
Poca gente. Troppo poca per essere per essere una fiera. Sabato e domenica al MiArt (quanto alla consorella cenerentola Aam) si poteva girare coi pattini. Contrariamente a quanto detto in giro dagli organizzatori, il panorama era desolante. Perché è evidente che le fiere – al di la dei progetti curatoriali o di quello che scrivono i giornali – funzionano se c’è tanta gente, collezionisti, addetti ai lavori.
Il numero delle persone da in qualche maniera il polso della situazione. Più gente c’è più c’è interesse, aspettative. Il collezionista è un animale che va stanato. E la situazione, a Milano, è desolante. A poco servono i proclami di Dipietrantonio, i progetti curatoriali e tutto il resto. Alla fiera in questa città non crede più nessuno, forse neanche le coolissime gallerie che il diretùr della Gamec ha precettato.
Prima mostra a Venezia
Tra qualche ora si inaugura la mia prima mostra a Venezia (la personale di Michal Martychowiec alla Galleria Upp). Non ne sono il curatore, ho scritto semplicemente il testo, ma la sento comunque in qualche modo mia. E questo benché non abbia seguito in tutte le fasi lo sviluppo del progetto, la scelta delle opere e l’allestimento.
Ho sempre pensato che la città lagunare fosse in qualche modo un tappa ineludibile del cursus honorum del curatore, per tutto quello che rappresenta, per il suo sistema culturale, per essere semplicemente icona ed unicum.
Questa sera mi addormenterò un po’ più felice.
Bastiancontrario volta pagina
Cari amici, cari lettori,
coerentemente con la mia scelta abbracciare il nuovo progetto Artribune, dopo oltre sei anni di lavoro per Exibart in cui ho ricevuto e dato molto, da oggi il mio blog cesserà di essere aggiornato su quel sito ed è trasferito su queste pagine.
Vi segnalo che potete seguirmi tramite feed cliccando qui o direttamente dalle pagine del sito, ma anche via mail. Sono sempre operativi invece i miei account Facebook e Twitter nonché Linkedin. Cosa ne pensate? Battagliamo ancora assieme?
Partecipare alla Biennale? Sì, ma…

Qualcuno di loro – incerto se aderire, sia per motivi artistici che “politici” – mi ha chiesto un consiglio. Io ho suggerito di fare quello che si sentivano, ma anche di ragionare con dei criteri di corretta visibilità e di allestimento del proprio lavoro: vale accettare se, sorpassato un eventuale rifiuto per motivi ideologici, le opere che si presentano possono stare sufficientemente bene in un contesto sconosciuto. Se possono adattarsi cioè a situazioni differenti, rispetto a quella ipoteticamente migliore, senza perdere la loro funzione o il loro senso (ad esempio una fotografia di medie dimensioni può tendenzialmente avere meno problemi di un’installazione ambientale).
Detto questo, partecipare ad una mostra così pare proprio una lotteria. Non ci resta che sperare con un ricco montepremi, anche se la sensazione che ho è che al massimo sarà un Gratta e Vinci da pochi euro.
La Biscotti e il pasticcio Biennale
Non capisco proprio perché rifiutare, tanto più nel momento in cui si ha la possibilità di criticare le scelte di quel governo, magari con un’opera realizzata appositamente o con una performance in una situazione ufficiale. Perché ricorrere allora all’antagonismo a tutti i costi, da sfoggiare nel curriculum da alternativo, nel pedigree da rifondino comunista?
Penso che molti intellettuali ed artisti la debbano smettere di fare la sinistra massimalista che sputa sentenze ma crolla di fronte alla realtà. Sporchiamoci le mani con il mondo e combattiamo questo abominevole governo fascista sul campo, opponendogli fatti e non chiacchiere, opere e non silenzi compiaciuti. Altrimenti dove sta l’impegno politico e la volontà di voltare pagina? Nelle dichiarazioni d’intenti e nelle compiaciute riflessioni salottiere da gauche caviar?