Se non pensate che in Italia ci sia un rigurgito passatista (antiregressivo? fascista?) nel campo dell’arte contemporanea, forse vi siete persi qualche passaggio. O siete tra quelli che invece, per interessi diretto o per la cura del proprio giardinetto, fingono di non vedere. Perché c’è in atto un vero e proprio attacco populista e di cattivo gusto, oltre che di grande malafede, a chi pratica un’arte che, con differenti sfumature, è ascrivibile alla galassia concettuale.
L’ultimo spunto viene da un articolo per il Giornale di Luca Beatrice, scritto in seguito all’incidente accaduto alla scultura che Lara Favaretto presenterà in occasione della mostra inaugurale della nuova Galleria Civica di Trento. L’accusa è ovvia e non estranea al buon senso: costa un sacco di soldi. Beatrice prosegue nel dire che bisogna essere molto parchi quando si lavora con i soldi pubblici – impossibile non essere d’accordo – e poi spiega che con i 50mila euro spesi per l’opera della Favaretto (altri 110mila li mettono i provati) è possibile fare una mostra intera. Ovviamente dipende dai criteri di opportunità: per lui quell’opera non li vale, per il curatore della mostra sì.
Ma è qui che il curatore del nostro ultimo Padiglione lagunare deraglia buttandola in politica. Tanti dei curatori di sinistra – dice in sostanza – si piccano e si vantano di proporre opere problematico-fighette che il pubblico non capisce. E se qualcuno osa criticare “è semplicemente un cretino o peggio, un reazionario, espressione dell’incultura greve della destra”. E poi continua: “da quando l’arte contemporanea ha avuto la pretesa di dialogare con lo spazio, uscendo dal comodo rifugio delle gallerie e dei musei, i guai si sono moltiplicati all’ennesima potenza”.
Ha ragione Beatrice. Molta della pittura che lui ha proposto (anche alla Biennale, in maniera quasi vergognosa poiché non rappresenta lo stato della nostra ricerca) ha il vantaggio di non rompere le palle con inutili ambizioni di pensiero e si limita a decorare le pareti delle case. Con l’arte si diano risposte al pubblico, magari a senso unico, e non si facciano domande da sapientini di sinistra. È da un po’ che lo sta ripetendo, anche con la benedizione del ministro Bondi.
Una cosa però mi sta a cuore. Curatori e critici che non la pensate come Beatrice: siate intellettualmente ambiziosi, ma centellinate ogni euro del vostro budget senza farvi prendere la mano. Combattete e siate moralmente inattaccabili. Bisogna evitare di prestare ancora la schiena a quelli che odiano l’arte che pone problemi e domande. A coloro che sostanzialmente hanno teorizzato la figura del curatore-puttana ma si sono ora miracolosamente riverginati da fustigatori del costume.