
Sulla lingua italiana e i dialetti c’è da ridere, ma non si può pretendere che i Lumbard abbiano letto le bembiane Prose della volgar lingua o conoscano il pensiero di Graziadio Isaia Ascoli; mentre per l’inno di Mameli a mio avviso qualche sforzo andrebbe fatto.
Non certo per scegliere Va’ pensiero, bensì per dipanare quell’accozzaglia risorgimentale di parole e retorica difficilmente comprensibili quale indubbiamente è Fratelli d’Italia (la musica di Novaro, a mio avviso, non è affatto brutta). Due probabilmente le alternative percorribili: o l’inno si insegna e se ne spiega il senso, oppure – andando contro la tradizione – se ne cambiano le parole rendendole intelleggibili ed espurgando moti guerreschi.
Scommetto però che, nonostante tutto questo abbiare, niente verrà fatto e l’elmo di Scipio continuerà a cingere le nostre teste. Anche quelle di legno di bosso.