Beatrice e la pittura? Da evitare come la peste

Se sei un artista che usa la pittura sei più sfigato di un artista concettuale. Se poi hai fatto una mostra curata da Luca Beatrice allora sei proprio commerciale con ricerca zero. Non ci interessa il tuo lavoro, grazie, torna pure al cavalletto.
E’ indubbiamente questo il pensiero di molti dei benpensanti ed intellettualissimi curatori italiani à la page (ma indubbiamente anche di tanti artisti). I geni – che Luca Rossi direbbe riuniti nella diade Mousse/Kaleidoscope – si gasano infatti per l’ennesima pratica concettuale masturbatoria senza poi rendersi conto che l’approccio alla ricerca può avvenire con colore e pennello. E poi ciao ciao senza nemmeno guardare i lavori se ti è capitato di lavorare con curatore sputtanato. Al massimo uno sguardo con sufficienza e sotto un altro.
Non voglio certo dire che il lavoro di Beatrice mi piaccia né tantomeno difenderlo (ha realizzato una Biennale vergognosa per gli spazi e la scelta di alcuni degli artisti). Però smettiamola di dire che la pittura è passato e di considerare un artista solo dal fatto che abbia fatto una mostra con questo o piuttosto che quel critico. Siamo obbiettivi e con onestà guardiamo alla ricerca, senza fare di tutta l’erba un fascio. Tanto più perché di fasci – in questo paese sempre più arretrato, brutto e cialtrone – siamo pieni.

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